Anche se l’ordinanza del giudice Francesco Crisafulli del Tribunale Civile di Roma è datata 6 settembre u.s., solo in questi giorni i media riportano la notizia.

Con la sua ordinanza il giudice Crisafulli ha accolto il ricorso di due donne, unite civilmente, che chiedevano di non indicare “padre” e “madre” sui documenti anagrafici della loro bambina, figlia di una di loro, Sonia, che era ricorsa alla fecondazione artificiale praticata all’estero.

La bambina era stata già adottata  dalla compagna di Sonia come confermato da una sentenza del Tribunale Civile passata in giudicato.

Il problema era quello di superare il cosiddetto Decreto Ministeriale Salvini che impone di indicare “padre” e “madre” nei documenti anagrafici dei minori con il palese scopo, non dichiarato, di disconoscere e discriminare le cosiddette “famiglie arcobaleno”.

Nell’ordinanza con cui il giudice ha accolto il ricorso, oltre a disporre che “la dicitura che deve comparire sulle carte di identità della bambina dovrà essere neutra: genitore”,  ha puntualizzato che:

  1. “I termini “padre” a “madre” sono da ritenersi illegali e discriminanti”.
  2. “Il documento che indica una delle due donne come “padre” contiene una rappresentazione alterata e perciò falsa della realtà, per cui i funzionari dell’anagrafe erano stati costretti ad un falso in atto pubblico indicando sulla carta d’identità una donna con la dicitura «padre». 

Purtroppo l’ordinanza del giudice civile di Roma ha valore solo per il caso specifico, comunque non è da escludere che anche altre coppie, nella stessa situazione, possano ricorrere alla magistratura.

Fino ad oggi non risulta che il Ministero dell’Interno abbia impugnato questa ordinanza, mentre il governo sembrerebbe volersi impegnare a “mettere ordine” nella materia.

Incuriosisce, ma anche preoccupa, il significato che il governo vorrà attribuire a quel “mettere ordine”.

Da anni ormai, a dispetto della nostra carta costituzionale che stabilisce la laicità dello Stato, l’Italia scivola sempre più, con ipocrisia politica, verso uno stato confessionale, ed oggi la nuova presenza di integralisti cattolici nelle istituzioni non può essere di certo rassicurante.

Non è forse ipocrisia confessionale l’ostinata perorazione di unicità della cosiddetta famiglia tradizionale da parte di coloro che di famiglie ne hanno messe in piedi due o più ?    

Non è forse ipocrisia confessionale negare tutele e diritti agli omosessuali quando la omosessualità formicola nelle sagrestie e nei seminari?

Non è forse ipocrisia confessionale rimettere in discussione una legge laica dello Stato, quella sull’aborto, perfino farneticando di attribuire capacità giuridica all’eventuale embrione nel momento stesso in cui è, probabilmente, concepito?   

Non è forse meschina ipocrisia servirsi nei comizi di vangeli, rosari e santini  per far passare come cristiane idee ed intenzioni che di cristiano non hanno nulla, anzi...?