Il down che mentre scrivo sta colpendo il globo, ci invia l’ennesimo messaggio sulla fragilità del nostro impianto umano.
Windows11, ultimo derivato del sistema operativo di Microsoft, è collassato e ha trascinato nel baratro uno smisurato universo di snodi nevralgici. Dai trasporti agli scambi finanziari fino alle strutture ospedaliere stanno facendo i conti con un corto circuito che blocca il funzionamento di macchinari e dispositivi.
Non esiste un piano B. Non abbiamo mai un piano B.
Siamo però in possesso di emozioni e sentimenti che sanno ben governare un simile frangente: attesa, rabbia, smarrimento, confusione.
Non equivale a un vero e proprio piano alternativo ma si tratta di suggestioni talmente introiettate da essere diventate rassicuranti. Protettive come una fuga perenne.
“Crash”, “bug”, “crowdstrike” e altri ridicoli americanismi ci descrivono quello che tecnologicamente sta accadendo e dato che gli americani hanno sempre la soluzione, ci tranquillizziamo perché siamo a poche ore dal ritorno alla libertà.
Eh sì, perché libertà è comunicazione, come solo 2 anni fa, se ricordate, era rappresentata dai dehors per gli aperitivi. Si brindava alla libertà ritrovata!
E poi la vita è adesso. Se anche così non fosse sarà tra qualche ora. Per un minuto al massimo.
Per fortuna siamo in tanti a non aver aggiornato la nostra versione di Windows e abbiamo il privilegio di essere ancora reperibili, virtuali e impalpabili.
In un paese siccitoso, avvolto da temperature che, come mafia, corruzione e povertà, crescono di anno in anno.
Lo sciopero planetario proclamato dagli hard disk raggiungerà il suo scopo e la digitalizzazione delle nostre esistenze otterrà più potere.
Diventeremo più bravi ad aspettare e se anche ci arrabbiassimo al punto di trasformarci in diavoli, troveremo facilmente un Satana da votare.
Oggi, ahimè, non potremo volare ma già non lo facciamo da tempo immemorabile.
Per ciò che riguarda invece le borse che si fermano non c’è da preoccuparsi: possono continuare a rubarci la vita anche senza muovere un dito.
Stefano Pierpaoli
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