Con san Giovanni Paolo II possiamo dare uno sguardo sul sacramento del matrimonio come comunione reale e stabile con “Dio Amore e Misericordia”.

È facile accorgersi che il tema della comunione d’amore tra Dio e gli uomini è il contenuto fondamentale della Rivelazione. Infatti l’esperienza stessa di fede del popolo di Israele diventa la storia della comunione tra Dio-Amore e gli uomini. Nella Rivelazione troviamo una significativa espressione nell’alleanza sponsale basata sull’amore di Dio. In realtà essa si instaura tra l’uomo e la donna, desiderosi del dono di grazia e della misericordia. Effettivamente, per questo motivo, la parola centrale della Rivelazione diventa: “Dio ama il suo popolo” (cf. Gen 9,6). Essa viene pronunciata anche attraverso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dichiarano il loro amore coniugale. Tanto è vero che il loro vincolo d’amore diventa l’immagine e il simbolo dell’Alleanza che unisce Dio e il suo popolo (cf. Os 2,21; Ger 3,6-13; Is 54). Notiamo, però, che, secondo san Giovanni Paolo II, lo stesso peccato può ferire il patto coniugale e poi trasformarsi nell’immagine dell’infedeltà del popolo al suo Dio. Ad esempio: l’idolatria, la prostituzione (cf. Ez 16,25), l’infedeltà, l’adulterio, la disobbedienza alla legge è abbandono dell’amore sponsale del Signore. Nonostante l’infedeltà di Israele, però, il peccato non può distruggere la fedeltà eterna del Signore, perché l’amore fedele di Dio si pone come esemplare delle relazioni di amore fedele, amore fedele che deve esistere tra gli sposi (cf. Os 3).[1]

Ecco perché il Vangelo nella sua quintessenza diventa una buona notizia dell’amore fedele che raggiunge tutti gli sposi, sempre e dovunque. Osserviamo che il mondo, che Dio misericordioso ha amato e ama, non è solo quello dei santi e dei beati, ma è il mondo minacciato e inquinato dal peccato e dall’infedeltà. Sappiamo che l’umanità intera come una grande famiglia è entrata nel progetto salvifico di “Dio-Amore e Misericordia” così come era, e cioè una umanità immersa, quasi travolta dal peccato. Dio l’ha amata proprio perché bisognosa del perdono e della salvezza. Egli certamente non ha amato il peccato, ma il peccatore. Gesù, il Dio fatto uomo, è venuto al mondo proprio per annunciare, all’umanità di tutti tempi e di luoghi, “il Vangelo della misericordia”. Gli sposi, secondo san Giovani Paolo II, per poter vivere la grandezza e la bellezza della vita coniugale in Cristo, non potranno essere mai fedeli allo Sposo se non imparano prima ad usare la misericordia tra di loro e con tutti i fratelli e sorelle, in modo particolare con coloro che hanno più bisogno di essa, a motivo delle loro difficili situazioni famigliari.[2]

In una pagina meritatamente famosa, Tertulliano ha ben espresso la grandezza di questa vita coniugale in Cristo e la sua bellezza fondata sull’unione salda e duratura:

«Come sarò capace di esporre la felicità di quel matrimonio che la Chiesa unisce, l’offerta eucaristica conferma, la benedizione suggella, gli angeli annunciano e il Padre ratifica? Quale giogo quello di due fedeli uniti in un’unica speranza, in un’unica osservanza, in un’unica servitù! Sono tutt’e due fratelli e tutt’e due servono insieme; non vi è nessuna divisione quanto allo spirito e quanto alla carne. Anzi sono veramente due in una sola carne e dove la carne è unica, unico è lo spirito».[3]

 Accogliendo e meditando fedelmente la Parola di Dio, si può comprendere meglio l’intima comunità di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore (cf. Gaudium et Spes, n. 48). Essa viene elevata ed assunta nella carità sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice. In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l’uno all’altra nella maniera più profondamente indissolubile. La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi.[4] Di questo evento di salvezza, il matrimonio, come ogni sacramento, è memoriale, attualizzazione e profezia. Infatti, san Giovanni Paolo II, in un discorso sulla famiglia, disse che il matrimonio

«in quanto memoriale, il sacramento dà loro la grazia e il dovere di fare memoria delle grandi opere di Dio e di darne testimonianza presso i loro figli; in quanto attualizzazione, dà loro la grazia e il dovere di mettere in opera nel presente, l’uno verso l’altra e verso i figli, le esigenze di un amore che perdona e che redime; in quanto profezia, dà loro la grazia e il dovere di vivere e di testimoniare la speranza del futuro incontro con Cristo».[5]

Potremo dire che il matrimonio, come gli altri sei sacramenti, è un simbolo reale dell’evento della salvezza proiettata all’incontro futuro con Cristo - Sposo delle nozze eterne. Notiamo che secondo il disegno di Dio, il matrimonio è il fondamento della più ampia comunità della famiglia, poiché l’istituto stesso del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione ed educazione della prole, in cui trovano il loro coronamento (cf. Gaudium et Spes, n. 50). 

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek

 

[1] Cf. G. Oggioni, Catechesi sul matrimonio e sulla famiglia, op. cit., p. 33.
[2] Cf. C. Ghidelli, Le lettere sulla famiglia, ELLEDICI, Torino 2006, pp. 74-76.
[3] Tertulliano, Ad uxorem, II; VIII, 6-8: CCLI, 393.
[4] Cf. G. Oggioni, Catechesi sul matrimonio e sulla famiglia, op. cit., p. 34.
[5] Giovanni Paolo II, Discorso ai Delegati del “Centre de Liaison des Equipes de Recherche”, 3 (3 Novembre 1979), in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 (1979) 1032.