Nel mezzo della tempesta, ci sono due mani sul timone. Quella della politica e quella dei social. Che poi oggi sono le due mani dello stesso marinaio.
La cosa è stata pensata in questi termini almeno da decenni. Funziona così, due timonieri senza bussola, due cani da guardia aggressivi e spelacchiati e tutti dietro. A casa, al bar, dal parrucchiere, tutti contro a costruire polemiche souflè sulle cose, sul modello; in cabina poi tutti a favore, plof. E i due cani-timonieri si credono a ‘sto punto pure di razza. I migliori del mondo, dei campioni di bellezza e agilità. Dettano l’agenda dell’attenzione pubblica e tutti gli altri parlano, volta per volta, solo del nuovo bla-bla del momento, affrontato uno alla volta, che dura in genere lo spazio che va da un giorno a una settimana. Un bla-bla farfalla. E tutti dietro, appassionatamente impiegati in questo rito. Al ritmo tambureggiante dei social.
A questo giro il rituale dura da oltre un anno, non siamo abituati a tutta questa assiduità e il 90% delle persone si è rotta le scatole. 400 morti al giorno, mediamente anzianotti, non bastano a richiamare l’attenzione. Non bastano più. Forse 4000, ma 400 no. Forse giovani, ma anziani no.
In più, un anno dopo, le scorte a molti stanno per finire e la paura della povertà ha superato quella della morte, degli altri. Questo per inquadrare la posizione della mano social su quel timone, quella della gente che ha i suoi pensieri, più o meno elevati, a seconda di quel che ci si può concedere. Che non è molto, perché in fondo siamo mediamente ignoranti, leggiamo poco, studiamo poco, ci interessiamo alle cose poco. Capiamo poco per riassumere, mettiamo in discussione poco, al netto delle chiacchiere da chat.
Veniamo alla mano della politica. La politica annusa tutto quanto detto sopra, come un cane appunto fa con gli escrementi. Una vocazione irresistibile.
Al di là dell’autostima immotivata, se non dal “leccaculismo” tanto diffuso, questa politica è fatta a ben vedere di una classe dirigente squalificata e impreparata. Alla gestione dell’ordinario, figurati dello straordinario, figurati nel pieno dello stress test del secolo.
Questi illuminati di sé stessi, brancolano ora nel buio. Ma parlano, perché è per quello stesso carattere spavaldo e irresponsabile che hanno fatto strada, scalando le gerarchie, allargando le loro influenze; carattere di chi non hai mai torto, di chi non ha mai dubbi, che ora usano incalliti per parlare, parlare, parlare. Disinformati nella migliore delle ipotesi, a fare affari nella seconda, più probabilmente. Affari qui sono anche intesi come maggiore seguito politico, maggiori influenze, se non proprio affari in carne e ossa, in certi casi.
Parla il governo, i ministri, i presidenti di regione, i sindaci, si sono messi a parlare anche molti scienziati. Non importa cosa dici, basta che rilanci, che fai sentire la tua, il tuo abbaiare che il gregge riconosca e codifichi: comando io.
Quella che non parla è la logica, la logica di uno straccio di protocollo, di un barlume di strategia. Dovrebbe parlare un piano di azione, parlano invece tutti, gli uni sugli altri. Ogni mattina sembra di tornare indietro alla mattina di un giorno prima, di una settimana prima, di un mese prima, di un anno prima. Una costruzione a strati di parole e aria, che si fa e si disfa ogni giorno: rimane la sensazione di ascoltare per la prima volta sempre qualcosa che hai già sentito 1000 volte in realtà, se ti fermi e rifletti un attimo di più.
Il pensiero critico, questo grande assente. E la logica.
Usiamola, o almeno ci provo. Noi abbiamo due grandezze. La quantità di virus e la sua velocità di propagazione. Riusciamo a guardare 2 cose insieme? La soluzione è lì.
Parliamo tutti i giorni di rt, guardiamo solo alla velocità di propagazione del virus. Quanto e come muta l’indice di trasmissione, che misura appunto la velocità del formarsi dei casi nuovi.
Siamo ipnotizzati dalla velocità di cambiamento di questo rt, che a sua volta è una velocità, velocità di trasmissione: una derivata seconda ci ha ipnotizzati.
Il valore dei positivi attivi è un dato, rt, la sua velocità, è un numero ballerino, la tendenza del cambiamento di rt nel tempo, è invece un mal di testa. Una volatilità da vertigini, un’incertezza al quadrato per l’appunto. Abbiamo impostato la gestione delle regole dei colori regionali sull’analisi della velocità della velocità dei valori assoluti, abbiamo approcciato una soluzione quantistica. E in più abbiamo scalato il ragionamento a livello regionale, se non comunale, aumentando ancor più la volatilità di questi numeri e delle previsioni ad essi legati. Il valore nazionale, essendo una media, avrebbe stabilizzato un poco il modello. Risultato ci siamo condannati alla complicazione. “Complicazione numeri semplici” diceva la mia vecchia prof di matematica quanto interrogati ti incasinavi su un calcolo alla tua portata. Ecco abbiamo complicato numeri semplici. Il modello è sempre stato piuttosto lineare invece, e non complesso.
In tanta parte di Europa il primo valore è stato seguito come faro, il numero di malati, ed rt e il suo trend sono stati usati solo per capire quale direzione si era imboccata, per verificare l’efficacia dei provvedimenti presi.
Il primo valore è, lo ricordo, la quantità totale di virus, appunto il numero dei positivi attivi.
Quello doveva decidere i colori e le regole. Ci saremmo risparmiati le barzellette: la sapete quella della Sardegna da bianca a rossa in un mese?
A luglio siamo stati 15000 positivi attivi, a settembre 50000, a novembre 600000, e poi lì siamo rimasti oscillando di un 20% da quella media. La seconda ondata non è mai finita, molti parlano addirittura della quarta. Certo, perché abbiamo misurato la temperatura del malato non sulla temperatura, ma sulle sue variazioni. E un malato che da 39 passava a 38.5 era un guarito, non un malato. Il ballo della derivata seconda ha mandato in pappa il cervello di molti e servito questo banchetto impossibile da digerire, anche per un esperto in fisica delle particelle.
Questo l’Errore. Da esso dipende quasi tutto. Perché sia stato fatto, per vantaggio politico, per fretta e faciloneria, per che ne so, non mi interessa. La storia lo studierà, e forse lo capirà. Ma è quel che è accaduto, e da noi molto più che altrove. Mentre la Germania si blindava a Natale, noi studiavamo le deroghe per lo shopping, al picco del numero di positivi attivi, per un rt che scendeva da 1,3 a 1,1. Forse semplicemente nel dare le carte il caso ha voluto che l’universo fosse popolato di cicale e formiche, e a noi è toccata la parte del chiassoso insetto. Tanto canterino, quando inconcludente.
A ripensarci il suo mondo è proprio quello della velocità, la velocità rumorosa di chi non ha pazienza di capire, ma è attirato voracemente dal primo luccicare.
Dall’errore a cascata discende poi tutto il resto di illogicità che abbiamo costruito in quest’anno frenetico, in cui non siamo usciti di casa.
Il numero ballerino dei tamponi, l’app che nessuno usa e che non carica alcun dato e non avvisa nessuno, i medici generici che non rispondono alle chiamate, gli ospedali che infettano tutti, malati e curanti, le rsa che non chiudono, le mascherine che non funzionano, i banchi con le ruote, i mezzi pieni, i colori e le loro regole, i congiunti, gli spostamenti vietati tra regioni, tra comuni, i tamponi rapidi, i ristoranti aperti mezza giornata, quelli sempre chiusi, i negozi di vestiti, quelli di giocattoli, le mascherine sotto il naso, i runner.
Una montagna di cazzate. Mentre il virus, lui, fatto di una sequenza di rna, ha una logica minima, inesorabile come una sentenza: siamo degli idioti.
Leggo ieri, perversione mia lo ammetto, l’elenco delle proposte delle regioni al governo per la ripresa delle attività di ristoranti, palestre e teatri. Ve lo riassumo, sono un po’ di pagine. E’ interessante giusto per rivendicare un po’ di spazio alla logica, la grande assente.
Mascherina per muoversi tra i tavoli dei ristoranti, ma al tavolo, seduti, puoi stare senza. Al tavolo tutti a un metro senza mascherina quindi, ma tra due tavoli diversi minimo 2 metri. La logica dietro: il mio commensale è meno pericoloso di quello che sta a un altro tavolo, perché è mio amico.
Palestre: mascherina sù se a un metro, via se sono a due metri. Quindi se sono in movimento fisico in palestra sto a due metri senza mascherina, come al ristorante tra due tavoli diversi. La logica dietro: se sono tra sconosciuti che tu e lui stiate fermi o respiriate affannosamente è lo stesso.
Teatri: ancora a un metro mascherina, a due metri no. La logica dietro: se lo sconosciuto è acculturato e va a teatro è comunque più rischioso del mio commensale perché in ogni caso non lo conosco. Gli sconosciuti stanno a due metri!, come sancito. E se l’amico parla a un metro si tolga pure la mascherina al tavolo, ma se sta zitto e seduto a teatro, per carità, se la metta!!! Almeno questa regola dello sconosciuto viene confermata. Bau, bau!! Almeno una certezza.
Non se ne esce. E ancora tutta la parte dei vaccini, dei furbetti dei vaccini, dei patentini, delle zone covid-free, dei vaccini per ricchi, superfreddi, e dei vaccini per i paesi meno ricchi, da 3 euro, il nostro compreso, che si conserva a temperatura ambiente o quasi, e che però sono meno pericolosi di una tac, ma quanto basta per bloccare tutto, anzi no per destinarli solo ai giovani, anzi no solo agli anziani. Aspettiamo impazienti il prossimo “anzi no”.
E poi il film delle mutazioni e dei loro effetti sui vaccini, e quello dei vaccini e del loro effetto pecoreccio del “e adesso facciamo tutti festa”. Primo stage di questo docu-film Cile, prossimo Inghilterra, temo.
Io però ho capito, per tagliare, che qui non serve capire nulla. Ma tentare di sopravvivere ognuno col suo buonsenso. E ho capito anche che stiamo messi peggio di quel che pensavo, anche se un anno fa tutto questo era dolorosamente molto prevedibile. Siamo all’età della pietra, anche se ci sono gli smartphone, cerchiamoci la nostra caverna, il nostro mammut da cacciare e ricordiamoci di stare sempre attenti ai neanderthal, che cercano sempre di tornare tra noi. E ai furbi.
Leonardo Sciascia: “Quando tra gli imbecilli ed i furbi si stabilisce una alleanza, state bene attenti che il fascismo è alle porte”.