I temi sulla destra e sulla sinistra non affascinano più.
I temi che contraddistinguono le differenze da un pensiero all'altro, e che hanno portato la gente, in passato, a schierarsi su barricate contrapposte, sono diventati temi marginali.
Oggi ci si divide sulla globalizzazione o sulla sovranità nazionale.
E' qui che si gioca il futuro dell'umanità, è qui che si determinerà lo stile di vita, la qualità della vita, il livello di democrazia, non solo di noi italiani ma forse per gran parte del mondo.
Il giornalista Massimo Fini, intervistato dal quotidiano "Italia Oggi", con l'articolo intitolato "Mondializzazione inarrestabile", ricordava le parole di Carlo Rubbia.
Il premio Nobel per la fisica, nel 1984, affermava che il nostro mondo è su un treno lanciato a mille chilometri all'ora e che, per sua coerenza interna, non può che aumentare quella velocità. Un treno senza manovratore o che, se c'è, si illude di poterlo governare. Un convoglio che forse ha superato anche la linea di non ritorno".
Il quotidiano "Il Foglio" si schiera contro i nemici della globalizzazione, definendoli "il nuovo protezionismo straccione".
"Contro i sabotatori dei trattati di libero scambio, contro i nemici del mercato".
E loda i benefici derivanti dai trattati commerciali con gli Usa (TTIP), il Canada e il Mercosur: "Costituiscano importanti e rare occasioni di crescita per l’economia italiana".
A suffragio del proprio credo, l'articolista de "Il Foglio" raccoglie in un manifesto un manipolo di firme.
Tra queste, non poteva mancare, il re del TTIP, Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico. E poi, tra gli altri, alcuni sottoscrittori facenti parte del mondo della politica e del giornalismo italiano come Carlo Stagnaro (ministero dello Sviluppo), Daniele Capezzone (deputato Conservatori e Riformisti), Davide Giacalone (giornalista), Giampaolo Galli (deputato Pd), Guido Gentili (giornalista), Irene Tinagli (deputato Pd), Pietro Ichino (senatore Pd).
La contrapposizione tra uno e l'altro schieramento è di tipo economico, sociale e politico.
E' evidente, che aprendo alle multinazionali americane, non solo si metterà a rischio la nostra salute, a causa della qualità dei prodotti ben inferiore a quella che risulta dagli standard di casa nostra, qualità che gli statunitensi normalmente tengono ad ignorare per i prodotti che consumano.
E' evidente, che aprendo alle multinazionali americane la disoccupazione è destinata ad aumentare nel nostro paese a causa di diversi fattori: dimensioni delle nostre aziende, diversa fiscalità, differente mercato del lavoro e differente tutela dei lavoratori.
E' evidente, infine, che aprendo alle multinazionali americane, sarà come importare nel nostro paese uno stile di vita che avrà la capacità di penetrare nella nostra cultura e nelle nostre abitudini. Si perderà del tutto la nostra identità. Identità che è uno dei valori essenziali nell'esistenza umana. Come perdere il proprio patrimonio genetico.
Lo scopo principale della globalizzazione è abolire i confini di uno stato, perché uno stato senza i propri confini perde la propria sovranità e di conseguenza si perde l'identità di un popolo.
Libero scambio e liberismo in pratica diventano un unico assioma. I cittadini devono essere dei semplici consumatori, possibilmente privi di diritti. Consumatori di prodotti sempre più scadenti. Perché, con la globalizzazione, le classi medie dei paesi più ricchi sono destinate ad essere sempre più povere. Avendo una minor disponibilità economica e perdendo un'autonoma capacità di scelta.
Mentre i popoli poveri rimarranno tali.
Perché la ricchezza non verrà elargita ai più bisognosi, ma andrà solo a beneficio di pochi. Le multinazionali distribuiranno grassi dividendi alle potenti lobby finanziarie.
Lo abbiamo davanti ai nostri occhi, la diseguaglianza aumenta di giorno in giorno, il divario tra il povero e ricco si fa più ampio.
I mondialisti vorrebbero risolvere tutti i mali della terra attraverso un processo di globalizzazione che coinvolga tutte le attività e gli aspetti dell'esistenza umana.
E il cambiamento non è solo economico e sociale, ma anche politico.
La direzione è quella di un unico ordine mondiale. Un'oligarchia che gestisca il potere e decida sulle sorti della gente. Già ci è capitato di leggere, nei libri di fantascienza, questo tipo di modello sociopolitico. Fantascienza che molto spesso diventa realtà, molto tempo prima di quello che ci si può aspettare.
Chi manovra le sorti del mondo, tramite i governi falsamente costituiti, ha bisogno di gestire il potere senza la palla al piede della democrazia.
La riforma costituzionale, che ci apprestiamo a votare con il referendum del 4 dicembre p.v., va verso questa direzione. Togliere la sovranità al popolo.
E' certo, che nel caso che la maggioranza degli italiani decidessero di votare per il SI, vorrà dire avranno scelto una strada dalla quale non sarà più possibile uscire. Una strada che modificherà la vita di ognuno di noi.
Sarà un'accelerazione al cambiamento sociopolitico che già è in atto. Con questa riforma sarà automatica l'adozione di tutte quelle leggi che la UE promulgherà e diventeranno parte integrante delle leggi del nostro Stato.
Disposizioni e leggi basate sulla dottrina del neoliberismo e che si ispirano al libero mercato, alle privatizzazioni, ai tagli sul welfare e a tutte le altre teorie economiche che stiamo già vivendo sulle nostre spalle da diversi anni.