Le teorie accusatorie navigano in un mare che si fa sempre più tempestoso, in cui la vittima del giorno precedente diviene il colpevole di quello successivo e in cui le ipotesi di una provenienza naturale del virus o di una artificiale e dolosa si alternano a ritmi incessanti, lasciando spazi interpretativi ben ampi e, per il momento, non ascrivibili come categoricamente “giusti” o “sbagliati”. A mancare, ancora, sono dati precisi e soprattutto una verità univoca che difficilmente emergerà in modo chiaro anche nel lungo periodo.
Senza la pretesa di percorrere una delle infinite strade possibili per dare una risposta che, ad oggi, non esiste, è interessante ribaltare il punto di osservazione della questione ponendoci domande relative ad una situazione “nuova” in cui siamo coinvolti.
La guerra batteriologica, se non dichiarata esplicitamente, è davvero un’opzione possibile nel mondo contemporaneo? Nel sistema internazionale globalizzato un attacco non dichiarato e ipoteticamente nascosto causerebbe inevitabilmente un effetto epidemico di contagio molto simile in tutti i Paesi facenti parte di tale sistema, anche nel Paese che fosse eventualmente la mente e il laboratorio reale all’origine della diffusione. L’assunto si basa chiaramente su un’importanza intrinseca data al concetto di “non dichiarazione” dell’atto doloso, con tutte le conseguenze che da ciò deriverebbero. E’ piuttosto logico dedurre, infatti, che senza una difesa totale e una sconfitta istantanea del “nemico batteriologico”, lo Stato colpevole si troverebbe ad affrontare uno dei primari rischi di impiego delle armi biologiche: la possibilità di non riuscire a controllarne il contagio, mettendo così in pericolo anche la stessa autodifesa. Ma il non difendersi, paradossalmente, parrebbe inevitabile. Una difesa troppo efficace e una vittoria troppo prematura rischierebbero infatti di diventare simboli di una responsabilità tenuta segreta. E si giunge così al concetto chiave a livello strategico: la valutazione pratica del rischio. Può valere la pena causare la morte di qualche centinaia di migliaia di persone con un’azione sleale e dolosa che, se venisse scoperta, potrebbe, per reazione, farne morire milioni? La domanda non ha una risposta univoca ed è forse una semplice provocazione, ma prevede un’attenta analisi costi-benefici che probabilmente non reggerebbe l’impianto costruttivo e la logica strategica di uno Stato, qualunque esso sia.
La cospirazione e il complotto sono parte integrante della storia politica ed internazionale mondiale ed un mezzo di azione che è sempre esistito e sempre esisterà, così come la voce che ne richiama la validità e presenza in ogni situazione, ma la categoria è valida anche per Covid-19? Potrà mai esistere una guerra biologica di bassa intensità e che rischierebbe, per un risultato così poco rilevante se comparato alle guerre precedenti, degenerare in una guerra estesa e distruttiva per tutti? Sebbene la valutazione dei fattori rilevanti non sia unicamente legata alla cinica conta delle vittime, quanto anche ad aspetti economici e sociali profondi in grado di provocare caos tremendi nella geopolitica mondiale, oggi e nei decenni a venire, la risposta più scontata alla domanda è più probabilmente negativa.
Per capirlo, analizziamo un’eventuale responsabilità delle due potenze maggiori del sistema internazionale odierno. Gli Stati Uniti. Colpevolizzandoli, dichiareremmo inconsapevolmente l’incapacità degli USA di leggere la ritorsione auto-causata di un’azione che avrebbe originato una catastrofe logistica e strutturale enorme. Il virus assumerebbe le sembianze di un “boomerang” lanciato contro il nemico ma poi schiantatosi ferocemente nel territorio interno, con danni probabilmente maggiori di quelli causati al di fuori del confine. Possibile? Forse, ma sicuramente molto difficile, considerando anche il fatto che molte stime rese note prevedono una caduta rovinosa del Pil americano nel secondo trimestre dell’anno, ben maggiore del 10%. La Cina. Esiste, innegabilmente, un ritardo di “consegna” al mondo delle informazioni riguardanti il virus che agli occhi più diffidenti può risultare sospetto, così come l’immediata difesa che ne è seguita: veloce ed impeccabile. Nonostante questo, Covid-19 ha colpito e danneggerà in modo profondo sia a livello umano che economico la Cina, con un documentato crollo del Pil del 6,8% soltanto nel primo trimestre. Ad aggravare la situazione ci sono gli effetti della crisi che stanno colpendo territori ed avamposti estremamente strategici per i suoi affari, basti solo citare l’Africa, dove la presenza cinese è sempre più intensa ma dove i rischi di conseguenze negative e devastanti sono altissimi, sia economicamente che socialmente. Inoltre, anche se di minor impatto visivo, è importante sottolineare come la Cina e gli Stati Uniti siano parte integrante della Convenzione per le armi biologiche, entrata in vigore il 26 marzo 1975 e che vieta lo sviluppo e la produzione delle armi batteriologiche, sebbene l’assenza di un sistema di controllo pratico sia un fattore che ha indebolito estremamente il prestigio di tale accordo multilaterale.
Se l’uomo non è colpevole, ciò però non significa che lo sbaglio non sia umano. E’ infatti al vaglio lo studio legato ad un “errore di laboratorio” che sarebbe causa, secondo tali supposizioni, della fuoriuscita dall’Istituto di Virologia di Wuhan del germe che ha provocato il conseguente contagio e che ha visto la stessa città come epicentro della diffusione. Se l’ipotesi non è confutabile, non è neanche stata provata, ma anzi smentita più volte anche da vari virologi dello stesso laboratorio, come Yuan Zhiming. Nonostante le speculazioni generino nell’uomo sensazioni piacevoli e di cui risulta complesso privarsi, pare però più corretto, per il momento, considerare la naturalità di un virus che ci ha colpito in modo esteso e diffuso, senza manomissioni umane e senza, pertanto, distinzioni di genere.
Più propriamente, quindi, ed è bene sperarlo, stiamo assistendo ad una guerra psicologica, o meglio, dell’informazione. Esperti in minacce batteriologiche studiano quotidianamente eventuali particolari nascosti che possano chiarire la questione e in futuro, forse, avremo le risposte che cerchiamo. Per il momento, sperando in un esito negativo delle stesse, la soluzione migliore è evitare di farsi portavoce di manifesti ed ipotesi non ancora dotate di senso, in riferimento ad una guerra voluta e lanciata che, se confermata, avrebbe conseguenze drammatiche sul sistema internazionale e sulla sua sopravvivenza. Le parole rischiano di aprire ferite che non si rimarginano. Quale diventa la reale arma di distruzione? L’arma effettiva o quella in grado di scatenarne l’utilizzo?