Nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1962 veniva trovata morta nella sua camera da letto Marilyn Monroe. Le cause? Forse non così leggendarie...


Marilyn e il clistere. Prologo

Sono nata e vissuta a Genova, da una famiglia di origine lucana. Ho trascorso le mie estati in Basilicata fino a vent'anni circa.

I miei nonni materni, laggiù, ( "andate laggiù?", ci chiedevano i vicini nordici alla partenza ogni anno) vivevano in una casa su un poggio, a circa novecento metri, dirimpetto alla città di Potenza, sita poco più in basso. Era un territorio compreso nel comune del capoluogo, ma, quando ero bambina, si trattava di campagna a tutti gli effetti: terreni coltivati, orti, vigne, grano, pagliai, stalle con mucche, pecore, capre, cavalli, muli e asini, e ancora conigli e galline; e cespugli odorosi , malva, camomilla, mandorleti. Tutto il complesso era appartenuto al mio bisnonno, il fiero, alto e "normanno" Francesco, che, però, l'aveva "spezzettato" tra gli undici figli...

Quando il sole iniziava a declinare e finivo i miei giochi con i piccoli parenti del posto, che dovevano aiutare “i grandi” a rigovernare, a volte mi associavo a loro; talora non ne avevo proprio voglia e mi rintanavo nella stanza da letto dei nonni. Aleggiava profumo di erbe aromatiche, di mele campagnole; in quel clima d'altri tempi, mi avvicinavo a una porta finestra, la cui luce sfruttavo fino all'ultimo, per leggere.

Si era nel 1968, e l'elettricità sarebbe arrivata l'anno dopo, dunque iniziai allora a rovinarmi la vista. Nella stanza c'era un baule di legno, che conteneva sì, lenzuola e asciugamani, ma altresì riviste, rotocalchi. Nonna Filomena ne era appassionata e, di solito, li riceveva dalle nipoti di centro città. Sostanzialmente si trattava di "OGGI" o "GENTE".

Vicino al vetro ornato da una tendina lavorata a mano, che scostavo per ricevere il massimo dell'illuminazione naturale del tardo pomeriggio, mi sedevo su di una bassa seggiolina impagliata, con il prezioso giornale, che nonna mi raccomandava di non stropicciarle ( l'aveva già letto, ma le piaceva tornarci su); prima di accingermi alla lettura, guardavo fuori.

Ridete se volete, ma è così: Potenza e dintorni ricordano Los Angeles in miniatura. C'è un cocuzzolo, che può essere l'ideale rimpiazzo della downtown con i grattacieli, e il territorio tutto intorno, oggi anche più di allora, vasto e dispersivo, dove conta avere l'auto, perché i mezzi pubblici servono a poco e nulla e...la luce...almeno, quella di un tempo, che si spandeva su colline, hills, dolci e declivi: senza lo smog di LA, ma irradiante, sulle tante abitazioni indipendenti o, allora ancora esistevano, le masserie: d'altronde, in California, all'epoca, trovavi le...vecchie fattorie.

Io lo sapevo anche prima di vedere Los Angeles, tanti anni dopo: mi ero fatta questa idea già sbirciando qualche rivista in casa dei miei o adocchiando i film in bianco e nero della televisione, perché la California buca ogni ostacolo ottico.

La prima volta, dunque, che osai chiedere e ottenni il permesso di accedere alla "emeroteca" di nonna, mi colpì subito un articolo, credo già sparato in copertina e sul quale mi avventai. Ma non conoscevo ancora la protagonista.

Ero una piccola cinefila, ma avevamo la televisione solo dal 1963 e trasmetteva sostanzialmente molti western o commedie all'italiana e, in ogni caso, quelli mi era consentito guardare; non avevo ancora messo gli occhi sulle dive "comme il faut", a parte un disegno su vetro, in casa dell'altra nonna, che rappresentava Ava Gardner, dinanzi al quale mi incantavo.

Ebbene sì, Marilyn aveva qualcosa di palpitante che abbagliava l'anima, impedendoti di vedere altro che lei; infatti, per parafrasare, quel giorno " più non vi lessi avanti", insomma mi concentrai solo sul suo articolo. Propaganda ben congegnata?Può essere, ma non con tutti i personaggi funziona. Con la Monroe, sì.

Le foto erano quelle dell'ultimo suo servizio, in maglione sulla spiaggia. Una volta me ne scattarono alcune simili, l'idea non era stata mia, ma l'effetto, commentò qualcuno, era lo stesso. Immagino non sul punto del fascino (magari), ma sull'espressione: tristezza negli occhi. Io so perché ero malinconica in quegli scatti, ma perché lo era quella dea che andavo scoprendo?

In quel periodo, a sei anni dalla sua morte e dopo quella di John e Bob Kennedy (questa da un mese appena), si iniziava l'operazione "enigma" su di lei. Lo scopo è economico, notoriamente: tra libri, articoli, servizi, gadgets e chi più ne ha, ce n'è per tutti.

Ora, lo sappiamo; perché, al momento della sua scomparsa, non era così. Ella sembrava destinata a svanire come tante figure passate prima, e ce n'erano state di iconiche, un nome per tutti: Jean Harlow, prima bionda "hot" del sonoro, morta in circostanze oscure a ventisei anni, nel 1937. Nel frattempo la forza dei media era aumentata, non c'è dubbio, ma l'exploit di alcune star è andato oltre il previsto.

Una volta cresciuta, mi sono presa la briga di "intervistare", diciamo, tutti gli uomini di una certa generazione, che potevano esserne stati ammiratori. Ne usciva sempre un parere sarcastico: era una donna da letto.

Continua...