Driver Amazon: lavoratore o schiavo?
Riprendiamo da Collettiva il seguente articolo sulla mobilitazione dei driver Amazon in Lombardia, che protestano per modificare le assurde condizioni di lavoro dettate loro dalla app Flex che impone per le consegne di ritmi assurdi, se non disumani:
Amazon, sfida all’algoritmo di Patrizia Pallara
www.collettiva.it/copertine/lavoro/amazon-sfida-allalgoritmo-vwmz5a3i
Carica 300, anche 360 pacchi dal magazzino, sale sul camioncino e parte per le consegne: 110 parcheggi del mezzo, 160 citofonate, 180 stop. In media in un solo turno di lavoro. E se si becca una multa per sosta vietata oppure fa un incidente, è tutto a carico suo. È la giornata tipo di un driver di Amazon, una giornata qualunque. Otto ore e 46 minuti di corse folli, senza fermarsi mai, solo una breve pausa per mangiare.I ritmi insostenibili li abbiamo denunciati più volte su Collettiva, sono stati raccontati in lungo e in largo. La differenza, adesso, è che i lavoratori si stanno ribellando. In Lombardia la Filt Cgil ha messo in piedi una mobilitazione per chiedere di cambiare le regole, o meglio di riprogrammare l’algoritmo che detta tempi, modalità, persino dove sostare e quale strada fare. L’appuntamento è ai presidi davanti ai poli logistici di Amazon, che in regione sono tanti: Origgio, Milano Toffetti, Buccinasco, Mezzate, Pioltello, Origgio, Burago, Castagnedo.“Stiamo sfidando l’algoritmo che governa il sistema informativo Amazon Flex, una semplice App sullo smartphone che decide la tua giornata – spiega William Leoni, driver dal 2017 e adesso funzionario Filt Cgil –. Abbiamo chiesto di ricalibrarla e rendere i ritmi più umani. Sapete che cosa ci hanno risposto? Che è impossibile, perché l’algoritmo viene programmato in India!”.Intanto fioccano le contestazioni per scarsa produttività. Molte aziende da cui dipendono i driver che consegnano per Amazon hanno preso l’abitudine di mettere a confronto i dati dello stesso autista per più giorni consecutivi. Se il lavoratore è sotto le sue stesse prestazioni, scatta la contestazione. “Noi ne abbiamo impugnate cinque all’ispettorato perché riteniamo che siano illegali – prosegue Leoni -. Che ne sa l’azienda dei problemi, delle criticità, degli intoppi che si trovano sulla strada delle consegne ogni giorno?”.La contestazione parte dall’azienda, ma le pressioni vengono da Amazon, quando vede che tornano indietro pacchi non consegnati e chiede chiarimenti. In alcuni casi si può arrivare a una sanzione, da 1 a 3 ore di multa, con cifre decurtate dallo stipendio.I tempi e i ritmi del lavoratore sono scanditi al secondo. Ma facendo bene i conti, i conti non tornano. Ore 8: strisciata del badge nell’azienda (di solito un terreno disastrato), 5-10 minuti per arrivare alla station di Amazon, quindi 6-7 minuti al massimo per caricare i borsoni con i pacchi (all’aperto, ovvio, senza copertura che protegga da pioggia, neve o sole a 30 gradi). A quel punto il driver deve raggiungere la zona della consegna assegnata per quel giorno. Può accadere che carichi a Buccinasco e consegni a 30 minuti di distanza.“Se alle 8 ore e 46 minuti togliamo la pausa, il tempo per andare e tornare, gli spostamenti, quante ore effettive rimangono per le consegne? Sì e no 6 ore – spiega il funzionario Filt -. E come è possibile ‘fare’ 140-150 citofoni? Ogni cliente dovrebbe impiegare massimo 3 minuti per mettere le ciabatte, prendere l’ascensore, raggiungermi e ritirare il pacco. Sono tutti atleti? E il furgoncino dove l’ho parcheggiato? Mica è un motorino. Se lo lascio in doppia fila, la multa la deve pagare il lavoratore”.