Il dolore di Gesù, a cui, pur soffrendo realmente e terribilmente, prima nel Getsemani, dopo sul Calvario, non viene risparmiata la terribile e la tremenda sofferenza della morte in croce[1]. «Dio trattò da peccato in nostro favore colui che non aveva conosciuto il peccato» (2Cor 5,21).  Per questo motivo, la croce di Cristo è la più radicale conferma dell’amore misericordioso di Dio e dell’universalità della salvezza[2]. Questo “principio staurologico” aiuta Sopoćko a formulare il nuovo pensiero, che definirà la sofferenza umana di Cristo misericordioso come l’unico strumento di salvezza[3]. 

La Croce di Cristo, in Sopoćko, è anche “strumento della logica di Dio misericordioso”, cioè il segno supremo della divina grazia.  Effettivamente, scrive:

 «La Croce innanzitutto diventa strumento della misericordia infinita di Dio, diventa il segno esteriore della grazia di Dio. Tutti i sacramenti si amministrano in coesione al segno della Croce di Cristo»[4]. 

 Da questo pensiero si evince che la Croce diventa segno visibile e strumento efficace della misericordia. Cristo crocifisso ha rinunciato al ricorso della “difettosa giustizia umana”. Nella Croce Egli fa comprendere che, come “il chicco di grano deve morire per portare frutto”, così, anche la vita data agli uomini va donata. Diremo che soltanto Dio può arrivare ad accettare la morte violenta e crudele del proprio Figlio, ma l’evento della morte di Cristo resta comunque estremamente inquietante. In un brano più significativo per questo argomento, leggiamo:

 «Il disprezzo di Cristo sulla Croce tocca l’ultimo grado della gravità, è il Figlio di Dio tra i malfattori. Noi possiamo trovare in questo massimo grado del disprezzo, la sapienza di Dio. Il crocifisso, del quale il mondo si scandalizza, diventa quell’arcobaleno che annuncia all’umanità la fine del diluvio, si trasforma in Isacco nell’olocausto, come Mosè sul monte Sinai con le mani alzate che chiedono al Padre Celeste il perdono, come quel serpente innalzato da Mosè nel deserto al quale tutti rivolgono lo sguardo di fede. Tra tutti i mezzi salvifici solo la Croce è strumento essenziale per il Salvatore, il giustissimo mezzo che placa l’ira di Dio e ricompensa la sua giustizia per il male umano. Egli è in Croce come sommo sacerdote in piedi, con le braccia aperte e innalzate verso il cielo, ma con lo sguardo sull’offerta del sacrificio perenne»[5].

 

Dalla citazione appena menzionata emerge chiaramente che credere nel Figlio crocifisso significa vedere il Padre misericordioso[6], credere che l’amore di Dio è presente nel mondo. Quest’amore sapienziale è indubbiamente più potente di ogni sorta di male che coinvolge l’umanità e il mondo. Possiamo affermare che credere nell’amore divino significa credere nella misericordia. Perciò, “nella stoltezza e follia stessa della morte di Cristo in croce”, si rivela esplicitamente l’infinita misericordia di Dio.

Il Salvatore, scegliendo la morte crocifissa, l’ha compiuta nella massima obbedienza  al Padre, nel desiderio che gli uomini di ogni tempo possano trovare, nella passione e morte del Figlio di Dio, il massimo esempio delle virtù. In questa morte il Signore Gesù stabilisce l’inesauribile tesoro dei suoi meriti, che danno vita a tutti i sacramenti sacri e contengono le grazie necessarie per la giustificazione e la vita cristiana[7].

In una profonda riflessione del Nostro leggiamo ancora: 

 «Per me soffre Gesù e per me cade sotto la Croce! Dove sarei oggi senza queste sofferenze del Salvatore? Perciò tutto quello che oggi abbiamo e tutto quello che siamo nell’ordine soprannaturale, lo dobbiamo unicamente alla Passione del Signore Gesù. Persino il portare la nostra croce non significa niente senza la grazia. Soltanto la passione del Salvatore fa diventare meritevole il nostro pentimento  ed efficace la nostra penitenza. Soltanto la sua misericordia, rivelata nella triplice caduta, è un pegno della mia salvezza»[8].

 

Esattamente, il mistero della Passione di Gesù è il vertice della rivelazione e nello stesso tempo l’attuazione della misericordia. Essa ha il potere di giustificare e salvare l’uomo. La misericordia “visibile nella croce” è capace di ristabilire la vera giustizia. Il Crocifisso, invece, indica “la via di quel meraviglioso scambio”, cioè il comunicarsi del Padre misericordioso all’uomo. Dio attraverso la croce chiama tutti gli uomini a donare se stessi a Lui come figli adottivi e a partecipare alla sua vita divina dell’amore e della verità (cf. DM 7). 

Don Gregorio - prof. sac. Grzegorz Stanislaw Lydek


 
[1] Interessante, però, è che «il momento della croce, tutt’altro che porre termine a una scoperta dell’identità di Gesù, è stato il crogiuolo che gli ha conferito un’identità straordinaria mediante la ripresa e l’esaltazione straordinaria della sua umanità, naturalmente in unione all’evento della risurrezione, la quale, però, non ha senso se non la si associa strettamente alla croce»: R. PENNA, Il DNA del cristianesimo. L’identità cristiana allo stato nascente, p. 60.
[2] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdziu, pp. 179-185. 
[3] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 186.
[4] Ibidem, p. 168.
[5] Ibidem, pp. 221-222.
[6] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Jego na wieki, p. 257.
[7] Cf. M. Sopoćko, Dar Miłosierdzia - listy z Czarnego Boru, pp. 21-23: Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, pp. 212-213; Jezus Król Miłosierdzia, pp. 212-215.
[8] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 142.