Fare la star e la mamma? Tutto è possibile. L’hanno fatto in molte, di alcune abbiamo parlato. C’è anche chi esagerò, come Jayne Mansfield.

Jayne ne sfornò cinque. I tre centrali  avuti dal secondo marito, il campione di culturismo ungherese Mike Hargitay (una è Mariska, la Olivia di Law and Order SVU), erano con lei e il nuovo fidanzato quando un terribile incidente d’auto la uccise, lasciando incolumi i pargoletti. A quel punto, però, la scandalosa Mansfield, nata come (sapida) caricatura di Marilyn, era già in declino e si esibiva per night.

Ai tempi in cui i bambini si facevano solo con la propria pancia, il gonfiore andava nascosto fino all’ultimo, magari continuando a lavorare: ne sapeva qualcosa la Monroe costretta, come molte colleghe, a interruzioni di gravidanza o alla chiusura delle tube che avrebbero poi compromesso le possibilità di generare. Sul set di “A qualcuno piace caldo” la star è visibilmente e finalmente incinta (del terzo marito Arthur Miller), ma andrà male.

Forse per questo molte si buttarono sull’adozione, ma di chi poi?

Colei che inaugurò suo malgrado la saga delle adozioni celebri fu Joan Crawford, divissima dagli anni venti ai cinquanta, scomparsa nel 1977, tutta sola nel suo appartamento a Manhattan. Da giovane non le erano mancati i mariti, soprattutto il secondo amatissimo, collega, Franchot Tone, impalmato al top della fertilità, negli anni trenta, ma il lavoro chiamava: niente figli e divorzio.


Così Joan si sposò per la terza volta, per poter adottare sotto regolare vincolo coniugale Christina e Cristopher, mollando subito dopo il malcapitato coniuge Phillip Terry e cambiando perfino il cognome ai piccoli. Risulta che durò fatica, ai tempi, ad adottare le altre due, Cinthya e Caty, poiché era single, ma la cocciuta star volle farlo, anche se i maligni insinuano che li lasciasse spesso soli con le tate, per andare a spassarsela. Sarà. Di certo azzeccò il quarto matrimonio, con il boss della Pepsi Cola, Alfred Steele, che la lasciò presto vedova e ricca.

Alla sua morte si scoprì che nel testamento della dispettosa primadonna non c'era quasi nulla per i figlioli, considerati immeritevoli e, com’è noto, la primogenita si vendicò scrivendo il velenoso libro “ Mammina cara”, da cui fu tratto l’omonimo film con Faye Dunaway. Il mondo seppe così che la star omaggiata di un Oscar (per “Il romanzo di Mildred”) era una psicopatica alcolizzata e violenta, anaffettiva e desiderosa solo di esibire la figliolanza nelle fotografie. Vero? Gli altri tre ragazzi hanno taciuto, non confermando e schivando i giornalisti.

Sono quindi tutte quelle tenerone allo zucchero, le mammine del cinema americano (e non), o è solo saccarina?


Ora che la gravidanza è spesso è appaltata a uteri altrui, o si adotta senza rendere conto (bambini spesso così simili al genitore adottivo da sembrare commissionati, vedasi Sharon Stone), o si preleva dai cinque continenti per esibire la famiglia multietnica, sempre meno affiancate da un partner maschile, anzi cambiandolo in corsa, e modificando pure l’assetto dell’infante prima che il poverino (si fa per dire) abbia ancora capito che è al mondo e di avere un qualsivoglia orientamento sessuale (vedi Angelina Jolie e Charlize Teron), ebbene: non saranno per caso più o meno tutte, “mammine care”?