A una settimana dal voto sento il dovere di tirare un po' le fila con qualche considerazione strettamente personale, anche se so già in partenza di risultare impopolare; quindi con il titolo, anche se il paragone storico del titolo risulta esagerato per contesto e contenuti, ho voluto riassumere in modo grossolano il duello in atto tra i due maggiori schieramenti politici che culminerà il 25 settembre, riducendolo a Bianchi contro Neri (cromaticamente facilmente individuabili…).
Questa volta non si tratta di scegliere programmi, idee o promesse elettorali; di preferire la flat tax alla patrimoniale, né l’aumento delle pensioni al salario minimo; perché chiunque governerà, oltre a dover fare i conti con le preoccupanti e stringenti contingenze, dovrà sottostare a regole e direttive di Istituzioni politiche ed economiche sovranazionali, europee ed atlantiche…
Perciò lo scontro non è politico, bensì culturale, e coinvolge l’etica personale e sociale; esiste, infatti, una divisione netta tra due visioni contrapposte di realtà e società, e del loro valore. Ma oltre alle relative ricadute che questo implica inevitabilmente sulla quotidianità, ad assumere importanza è soprattutto il prevalere di principi, valori e precetti sui quali vogliamo basare la nostra esistenza e la nostra vita sociale.
A dividere i due schieramenti, oggi più che mai, ci sono non solo tasse e ricette economiche, ma anche e soprattutto grandi temi culturali: la famiglia, la vita e la nascita, l’aborto, il suicidio e la procreazione assistita, i diritti civili e sessuali, la liberalizzazione delle droghe (leggere…), l’immigrazione e almeno parte delle ormai famose “devianze” di meloniana memoria.
Si tratta di decidere se difendere e sostenere la famiglia tradizionale o virare verso forme di unione indotte, certo non condannabili, ma comunque non corrispondenti a principi naturali; si tratta di decidere se incoraggiare la natalità, non impedendo diritti sanciti per legge, ma accompagnando con percorsi adeguati chi si trova a dover fare delle scelte; si tratta di scegliere tra la difesa della vita ed il diritto alla morte, favorendo la pratica del suicidio assistito, o morte dolce; si tratta di accettare o meno che svariati metodi di fecondazione artificiale assistita permettano di poter scegliere da chi, quando e come avere un figlio; si tratta di garantire a tutti, minoranze comprese, sacrosanti diritti civili senza però stravolgere la visione tradizionale di società, e senza forzarne ideologicamente regole e valori; si tratta di rassegnarsi ad un’immigrazione “all inclusive”, incontrollata e incontrollabile, oltre che dannosa anche per quei poveri disgraziati costretti a praticarla, oppure di regolare e disciplinare i flussi migratori, magari cercando di agire a livello internazionale per migliorare le condizioni di vita di tutti i popoli: nessuno, né Bianchi né Neri, vuole più mamme abbracciate ai loro bambini in fondo al mare…; ed infine si tratta di combattere non le devianze, infelice termine usato da Giorgia Meloni, ma le innumerevoli piaghe di una società sempre più permissiva e incapace di prevenire, contrastare e punire comportamenti e atteggiamenti amorali e nocivi, oltre che criminali.
In quest’ottica è, e sarà, una vera e propria scelta di campo, anche e soprattutto per il popolo dei cattolici; perché, nonostante le imperfezioni e le contraddizioni personali e di coalizione, l’esuberanza folcloristica e una buona dose di moralismo farisaico, è evidente che almeno nelle intenzioni proclamate, prima ancora che nei programmi, la sensibilità dei temi di cui sopra sembra affidata più alla destra che alla sinistra, all’interno della quale convivono anime apertamente anticattoliche e altre sicuramente distanti dalla tradizione civile e religiosa dell’elettorato cattolico.
La contesa è sul piano culturale, e non deve diventare altro; ma chiedo all’elettore moderato cattolico di dare ascolto alla propria coscienza civica, di far prevalere il valore dell’etica sulle antipatie o le incompatibilità personali, se intende difendere principi e valori sui quali fondano le nostre radici e sui quali abbiamo edificato la nostra esistenza.
In nessun caso la democrazia è in pericolo, come invece paventa Enrico Letta, ma esiste il rischio concreto di consegnare il paese all’egemonia culturale di una sinistra che è ormai ridotta ad assecondare personaggi presunti Vip, influencer o trapper di periferia; il rischio, lo ripeto, è SCHIERARSI per la libertà dei diritti universali senza curarsi del dovere dell’etica: difesa e incentivi all’aborto e al suicidio assistito, alle unioni omosessuali e alla procreazione surrogata, delegittimazione della famiglia naturale e della Chiesa; celebrazione dei diritti e abbandono dei doveri.
Perché votare a sinistra oggi è strizzare l’occhio alla Ferragni, (comunque in buona compagnia…), che in uno dei suoi illuminanti post denuncia lo svuotamento delle sale operatorie nelle Marche (regione governata da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni) per praticare l’interruzione di gravidanza; senza entrare nel merito di leggi, cause ed effetti che sono molteplici e non affrontabili in questa sede, resta il messaggio che vuole trasmettere ai propri “seguaci” e che esplicita con la frase: “Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadano”.
Una chiamata alle armi, una strenua ed eroica difesa dei diritti civili e delle libertà personali di scelta ai quali non ci si può neanche permettere di obiettare secondo coscienza; una cultura che predica l’accoglienza e pratica l’intolleranza, come nel recente caso della cantante Laura Pausini, accusata apertamente sui social, e non solo, di qualunquismo prima e “fascismo” poi, per essersi rifiutata di cantare “Bella ciao” alla tv spagnola, nonostante abbia spiegato che: “In una situazione televisiva estemporanea, leggera e di puro intrattenimento, ho scelto di non cantare un brano inno di libertà ma più volte strumentalizzato nel corso degli anni in contesti politici diversi tra loro. Come donna, prima che come artista, sono sempre stata per la libertà e i valori ad essa legati. Aborro il fascismo e ogni forma di dittatura”.
Ma evidentemente non ci si può sottrarre al sillogismo della sinistra acculturante secondo il quale, se non ti inchini al suo politicamente corretto, allora, per deduzione, sei “fascista”, senza se e senza ma…
Per i cattolici moderati è arrivato il momento di metterci la faccia, se necessario tappandosi occhi, naso e orecchie, per non diventare complici della svendita di valori e principi sui quali vorremmo che si poggiasse la nostra società; potrei strumentalmente citare la Ferragni:
“Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadano…”
Alla nostra coscienza l’ardua sentenza…
Paolo Scafati