Rivlin incarica Netanyahu di formare un nuovo governo mentre riprendono i finanziamenti Usa ai palestinesi
Due i fatti, in parte collegati tra loro, che mercoledì hanno interessato Israele.
Il primo riguarda il presidente Reuven Rivlin che ha affidato a Benjamin Netanyahu, l'incarico di formare il nuovo governo, nonostante sia imputato in un processo, che sta entrando in questi giorni nel vivo, per ben tre casi di corruzione.
«Non è stata una decisione facile», ha detto Rivlin, «conosco la posizione di molti, cioè che il presidente non dovrebbe dare l’incarico a un candidato che sta affrontando un processo penale, ma secondo la legge un primo ministro può continuare a svolgere il suo incarico mentre è sotto processo».
Per il leader di Yesh Atid, Yair Lapid, il partito di centro che è arrivato secondo alle elezioni, «l'incarico a Netanyahu è una macchia che proietta un'immagine negativa su Israele quale Stato di diritto».
L'altro riguarda l'annuncio fatto dall'amministrazione Biden di voler riprendere l'assistenza finanziaria al popolo palestinese interrotta dal presidente Trump.
Come dichiarato dal segretario di Stato Antony Blinken, gli Usa destineranno 235 milioni di dollari ai palestinesi, così ripartiti: 150 milioni saranno destinati all'UNRWA, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il supporto ai rifugiati, 75 milioni saranno impiegati per progetti di sviluppo in Cisgiordania e a Gaza, mentre 10 milioni saranno destinati ai programmi in Palestina portati avanti dall'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID).
Chissà se l'amministrazione Biden ha scelto di conoscere le decisioni di Rivlin per comunicare il ripristino degli aiuti ai palestinesi in modo da mandare un messaggio a Netanyahu che non ha mancato di comunicare il proprio disappunto in relazione a tale scelta. Non è possibile saperlo, ma non è neppure illogico supporlo.
Poche ore prima, era arrivata la condanna dell'ANP relativa all'annuncio di Israele di voler costruire 540 nuove unità abitative nell'insediamento (illegale in base alla risoluzione 2334 dell'Onu) di Har Homa, in Cisgiordania, a sud-est di Gerusalemme.