Abbiamo visto che al Beccaria, dopo le evasioni di questi giorni, i detenuti rimasti si erano dati da fare per incendiare i materassi allo scopo di favorire la fuga di quelli che sono riusciti a scappare, e ora inneggiano ai fuggitivi considerandoli eroi e continuando a fare il tifo per loro, ignorando il fatto che i protagonisti, invece di andare incontro alla libertà, vanno incontro ad aggravi di pena.
Che questo abbia a che fare con la "rieducazione" mi pare si possa tranquillamente escludere.
Come pure possiamo pacificamente archiviare il concetto di "rieducazione" a proposito di personaggi legati alla criminalità organizzata, che in carcere continuano a dirigere il loro loschi affari e a progettarne di altri.
Dovremmo un momento soffermarci a considerare che il carcere funziona quando il detenuto ormai libero, giura a se stesso di non tornarci più per uno di questi due motivi:
A) perché è stato "rieducato" e si ripromette di fare il bravo per il futuro, in quanto ha capito che delinquere è sbagliato;
B) perché in galera ha sofferto tanto da non volerci tornare mai più, e che quindi delinquere è pericoloso.
Ora abbiamo visto che il primo motivo, salvo qualche eccezione, è praticamente inesistente.
E se cominciassimo finalmente a provare a considerare il carcere non come un rimedio ma come un deterrente?