Al Great Ormond Street Hospital di Londra vi è un bimbo piccolo, di appena dieci mesi, che si chiama Charlie Gard. È in ospedale perché affetto da sindrome da deplezione del dna mitocondriale. Una malattia molto rara che nel caso del piccolo bimbo britannico è stata definita incurabile.

Charlie Gard sopravvive tenuto in vita da delle macchine che i medici dell'ospedale hanno deciso di staccare. Proseguire oltre, secondo loro, sarebbe un inutile accanimento terapeutico. Ai genitori era stato concesso un giorno per dire addio al piccolo, ma la loro determinazione e la pubblicità data dai media al loro caso, ha fatto sì che della vicenda se ne siano interessati non solo in Inghilterra, ma anche in gran parte del mondo.

Così i tempi per il distacco di Charlie dai macchinari sono stati dilatati e i genitori si sono attivati per cercare una soluzione per farlo sopravvivere.

In Italia c'è un altro bambino affetto dalla stessa malattia. Si chiama Emanuele Paolini ha nove anni e vive a Massarosa, nell'entroterra a pochi chilometri da Viareggio. Il bimbo non è auto sufficiente e vive assistito da mamma e papà. Anche per lui i medici consigliarono i genitori di accompagnarlo alla morte, evitando un inutile accanimento terapeutico.

Nel caso di minori, in Italia, è necessario che siano i genitori a decidere sul fine vita. Emanuele adesso ha nove anni e sembra riuscire anche a comunicare in qualche modo con mamma e papà. In Inghilterra il parere dei genitori non conta. Per questo Charlie deve morire.

Ma di questa vicenda si è interessato anche il Papa e, pertanto, non poteva non interessarsene anche l'ospedale pediatrico Bambino Gesù, donato nel 1924 a Pio XI.

L'ospedale, su richiesta del pontefice (ovviamente quello attuale), si è attivato per ospitare la famiglia e il bambino e studiare il caso per verificare la possibilità di una cura che possa almeno mantenerlo in vita.

Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, ha comunicato di avere incaricato il direttore sanitario dell'ospedale di verificare con il Great Ormond Street Hospital di Londra se vi fossero le condizioni sanitarie per un eventuale trasferimento a Roma di Charlie.

L’ospedale – ha spiegato la Enoc – ha risposto di non poterlo trasferire per motivi legali, complicando ulteriormente la situazione.

Nella vicenda è intervenuto anche il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che ha spiegato che "i problemi legali siano legati alla nazionalità, al fatto che – pur non confermandolo con assoluta certezza – i genitori non possono portare il bambino fuori dal territorio senza il permesso delle autorità".

Parolin, facendo ricorso alla diplomazia - senza far uso di dichiarazioni roboanti - ha aperto alla possibilità di verificare se vi sia una strada per aggirare anche questo ostacolo.

Questa vicenda, seppure in maniera diversa rispetto ad altre, porta in primo piano la questione se far vivere il piccolo Charlie sia giusto o meno, e se, alla fine, non si tratti di inutile accanimento terapeutico, dovuto, in questo caso, all'accanimento affettivo di due genitori che non si vogliono arrendere all'idea di veder morire il proprio bambino.