Mi chiamo Emilia Fantegami e scrivo per diletto. Amo la filosofia e odio chi ha certezze prese senza averne alcuna prova.

Da piccola crebbi in un luogo ameno dove l'unica fonte economica era il lavoro di mio padre che faceva il ferroviere. Vivevamo in quei caselli lungo i binari, quelli che oggi la ferrovia ha abbandonato, senza pretese ma con pochi sogni nel cassetto. Eravamo io, mio fratello più piccolo e i miei genitori.

Non sapevo che avrei fatto maestra, la cuoca e poi la giornalista. Ai miei tempi l'importante era l'essere umano e non il vestito. Pirandello aveva ragione e Marquez torto marcio.

Scrivo spesso di cronaca sottolineando l'aspetto antropologico dei personaggi. Il contesto è l'unica cosa che giunge alla verità mentre il racconto degli "attori" è la via maestra per il depistaggio.

Mi hanno dato tanti nomignoli e tanti premi. Tanti calci quanti abbracci e alla fine, sono rimasta Emilia Fantegami.

Per molti un'amica per altri un incubo. La verità è spesso dolorosa, specie quando senti che ti respira addosso.