Il primo di settembre 2020 è una data importante. E’ la data del sequestro dei due pescherecci, Medinea ed Antartide, con un equipaggio di 18 lavoratori della marineria siciliana, da parte dei libici del generale Khalifa Haftar.

Oggi, a distanza di oltre 100 giorni dall’evento, i marinai prigionieri, alcuni di nazionalità estera, hanno potuto fare ritorno alle loro case. Finalmente il calvario che ha martoriato le loro famiglie può dirsi concluso.

Abbiamo volutamente atteso la conclusione della vicenda prima di scrivere una nota, ma intanto, non abbiamo mai fatto mancare la nostra solidarietà alle famiglie dei marittimi mazaresi.

Infatti, durante lo svolgimento dell’evento più volte abbiamo manifestato con ogni mezzo la nostra vicinanza ai marinai prigionieri e alle loro famiglie, che, con indomito coraggio, hanno protestato in ogni sede perché la liberazione dei loro congiunti avvenisse quanto più celermente possibile. Adesso che tutto si è concluso è il momento dell’analisi, non certo per alimentare le polemiche, tante ne sono state fatte e molte, a volte, a sproposito, ma perché devono essere chiare a tutti le motivazioni che stanno dietro a questa come le altre vicende di sequestro di pescherecci nel mediterraneo da parte dei libici.

La cattura delle due motonavi, così come quello di altre, è avvenuta in una zona di mare contesa; una zona che la Libia, non da ora, ritiene di sua pertinenza e che, violando tutti gli accordi e i regolamenti internazionali ha avocato a sé istituendo la ZONA SAR (ricerca e soccorso in mare). Pertanto, tutti i navigli che si avventurano in quella zona di mare sono in pericolo di sequestro, ritenendo, i libici, essere una violazione delle loro acque territoriali.

A questa situazione di carattere generale, s’innesta quella particolare data dall’attuale momento che vive la Libia, divisa in due tronconi, con le parti che cercano di ritagliarsi un ruolo e una visibilità internazionale necessari per le loro strategie interne.

Oggi è certamente giorno di festa, ma noi non possiamo non riflettere sul fatto che una riuscita trattativa, il cui costo reale capiremo forse più avanti, non può nascondere una situazione che permane di una gravità assoluta e alla quale nessun Governo, dagli anni settanta a oggi, ha saputo dare soluzione.

L’agibilità del Mediterraneo da parte della nostra marineria è essenziale per l’economia della Sicilia, non possiamo permettere che una Nazione, in modo unilaterale, modifichi i confini e stravolga regole e accordi internazionali. Questo è quanto avviene oggi, con uno Stato - quello italiano - inerme di fronte a tanta soverchieria, con la nostra marina militare impegnata a scortare le navi dei trafficanti di uomini invece di tutelare le nostre ragioni ed i nostri uomini in mare.

Certo siamo felici anche noi per l’esito della vicenda, l’abbiamo preteso in ogni modo: manifestazioni di solidarietà abbiamo inscenato in ogni dove, sit-in, striscioni, post hanno scandito la nostra ferma determinazione nel sostenere le famiglie dei marittimi siciliani, ma una cosa vogliamo dire con forza: QUEL SEQUESTRO NON DOVEVA AVVENIRE.

E se è avvenuto, la colpa ricade sui nostri governanti più che sui veri sequestratori. Per questo riteniamo il Governo italiano responsabile dei terribili momenti vissuti dalle famiglie e dai lavoratori del mare siciliani, e i vari Conte, Di Maio, Zingaretti farebbero bene a nascondersi, invece di apparire gongolanti in Tv vantando un successo che tale non è.

Sappiano, comunque, che né i marittimi siciliani, né il popolo italiano sono disposti a perdonare la loro ignavia. Verrà il momento in cui saranno chiamati a rispondere anche di questo.


Mario Settineri
Membro Segreteria Nazionale MSFT