Bergoglio si è sbottonato e ha dichiarato che l'ipotesi di un suo viaggio a Kiev "È sul tavolo"!

Uscita che però ha tutta l'aria del: "adesso vediamo l'effetto che fa!"  per poi non farne niente, per una serie di evidenti ragioni.
Una volta a Kiev il papa ovviamente non potrebbe che parlare della guerra, e con che toni? Attribuendone la responsabilità a chi? Potrebbe di fronte ad una folla di ucraini usciti apposta dai rifugi sotterranei, chiamare ancora Putin: "Vento dell'est che spira all'aurora" senza il rischio di vedersi arrivare sul palco qualche uovo o qualche ortaggio (malgrado, data la situazione, il grave sacrifico alimentare dei lanciatori)?

Dovrebbe pertanto essere più deciso e meno reticente ma con riflessi problematici, se non devastanti, nei riguardi dei faticosi ma sempre coccolati rapporti con la chiesa ortodossa russa, che tra l'altro vedrebbe il viaggio anche come un implicito appoggio alla chiesa ortodossa ucraina a suo tempo separatasi dal Patriarcato di Mosca, con dolorosi mal di pancia di Cirillo nonché dello stesso Vaticano.

Ma peserebbe soprattutto il "non cale" in cui Putin terrebbe la vicenda, guardandosi bene dal far arretrare per l'occasione le sue truppe di un solo metro e consolidando la figura di assoluta inutilità che ha caratterizzato fino ad ora di tutti gli interventi (verbali) di Bergoglio.

Controindicazioni e prevedibili figuracce che non è che vengano scoperte per caso dal sottoscritto, ma visibilissime da tutti, compresi gli inquilini d'Oltretevere i quali non è che siano scemi, per cui che il viaggio in realtà non avrà mai luogo mi pare un'eventualità più sicura che probabile.

Poi tutti possiamo cadere in errore, e se invece il viaggio ci sarà e potrà contribuire a fare cessare il massacro e la distruzione, sarò io il primo a gioire, felicissimo di essermi sbagliato.