(Le storie sono parte di me, la penna va… e se tu vuoi leggile!)

“In quel nascondiglio ti sei rifugiata e non sei mai più voluta uscire. Quando la mia voce ti ha chiamata la tua corazza ti ha protetta e sei riuscita ancora a dire no. Ma quella non è una corazza, sei tu che la usi così. Quando non si riescono ad affrontare i propri demoni, le proprie paure, i propri fantasmi costruiamo rifugi inconsapevoli che ci proteggono dalla realtà che non vogliamo vedere. Ho cercato di strapparti al tuo nascondiglio: vorrei conoscerti. Vuoi vedermi?Si dice che si risorge dalle ceneri. Bisogna aspettare però che il fuoco smetta di ardere e il tuo fuoco, cinquant’anni dopo, ancora incendia la tua mente e non dà spazio al cuore. No. La tua risposta. Senza spiegazioni. Senza perché. Hai scelto la tua prigione ma non la mia”.

 Frammenti. Parla a me ma si rivolge a lei. Il dolore l’ha lacerata, contusa, sfregiata. Me lo dice con una domanda. "Tu come l’hai fatto?"

 Cosa?

 “Il cancro. Come l’hai fatto?”

 Capisco cosa intende. Non vuole la mia risposta. Le sue parole, il suo dolore hanno bisogno di uscire fuori, cercano sponde in grado di accoglierle anche solo ascoltando. Nulla più intorno a noi ha senso. Solo io e lei. Potremmo essere in qualunque posto: siamo io e lei.

 “Un velo le copre la testa, una veste il corpo fino ai piedi.” 

 -  Sussurra. Quasi spaventata. Ancora incredula. E io con lei. Veste i panni della misericordia, dell’amore per Cristo Nostro Signore. Ha preso i voti, è la madre di tutti. Non la sua. Ecco la prigione nella quale si è nascosta per sfuggire sé stessa! La penitenza perpetua alla quale si è sottoposta per dare spazio a quel si ti metto al mondo e a quel no: non ti posso, non ti voglio, non ti devo tenere con me. –   

“Sono libera di amare. Me lo hai insegnato anche tu, dalla tua prigione. Me lo hanno insegnato i miei genitori adottivi che si può essere amati. Che si può amare. Mi lasci nell’oscurità della non risposta: perché? Non posso sapere nulla di te. Eri troppo giovane? Non avevi anche tu i genitori? Sei stata vittima di violenza? Lui ti ha abbandonata? Sei stata costretta ad abbandonarmi? Un perché di mille domande che non avranno nessuna risposta. L’ombra sulla mia testa. Cosa pensi? Piangi? Cosa pensi! Avrei voluto dirti che hai dei nipoti ma non hai voluto una figlia” .

Una madre prende, una madre lascia, una madre dà, una madre toglie anzi non ha mai dato. È davvero giusto dire: non ha mai dato? L’animo umano è uno scrigno di perché spesso irrisolti. Le scelte insopportabili sono quelle che, nel nascondiglio, riusciamo a sopportare: le neghiamo di fronte a noi! Hai fatto saltare la serratura dello scrigno ma la scelta era così pesante che è rimasta incastrata sul fondo. Incapace di muoversi, incapace di destarsi e guardare fuori: irrisolta, sola! Si è chiusa in una prigione ma ha messo te fuori. Tu cammini la tua strada, lo hai sempre fatto, in questo difficile mondo da comprendere, cercare di capire; ne intravedi la bellezza, la scopri ogni giorno e la vivi. La vita che vivi ti è stata donata. Avrebbe potuto esserti negata: invece no. Quel no non lo ha detto, non ne è stata capace. Quel no non detto ha significato la tua vita fino ad oggi, e domani e fino alla fine dei tuoi giorni. Quel no non detto è vita. È il no che conta, che ha un senso. L’amore negato non lo capirai mai fino in fondo. Ma l’amore dato è quello che hai avuto: è il più importante: è la vita donata. Quel no è tutta la tua vita. Sei tu.

“Vorrei riuscire a vedere la luminosità delle tue parole, dei tuoi pensieri. Una parte di me risplende sì, ma l’arco scuro resta ancora sopra la mia testa e a volte la sua ombra sopravanza il mio passo rendendolo incerto. In questi momenti i miei confini smarginano nelle incertezze; la domanda mi aggredisce e mi schiaffeggia ancora una volta: perché? La risposta non ha la stessa prepotenza… non ha! La strada… non ha! Resta sospesa, irrisolta, abbandonata anche lei al tempo che passa, al vuoto che non si colma mai. Un pozzo senza scala e senza corda. Profondo e nero. Vedo la luce, a volte vicina, a volte lontana e cammino senza sosta, con me stessa incontro all’uscita. Non mi stanco, io cammino” .

 Quando ti guardi intorno cosa vedi?

“I miei figli, mio marito, i miei genitori, la mia vita…: non avrei avuto questa vita, questo amore. Non avrei avuto me come sono e io mi amo tanto.”

 Ecco l’inizio della risposta.

 “E la fine… Quando troverò la fine? Sarà quella a non far smarginare i miei confini nelle incertezze”.

È dentro di te. Uscirà fuori. Il tempo la farà emergere, le lacrime la nutriranno, le carezze che saprai darle le daranno il coraggio. Devi guardarti, scrutarti, cercarti nel buio, amarti nel silenzio, nella solitudine. Aprire le tue ferite, guardarle e curarle. Provare la paura di amare davvero. Ami davvero quando sei disposto a lasciar andare. Quando sei disposto a perdonare. Quando sei disposto ad amarti come sei, con le tue imperfezioni, i tuoi buchi neri, le tue severità, le tue leggerezze. Quando sei disposto a vedere cosa c’è di te che non ti piace, e poi amarti ancora. Una mattina ti sveglierai e sarai fuori dal pozzo. Sarà tutto così normale che non te ne accorgerai subito. Forse passerà del tempo: farei scelte, ragionamenti, affermazioni che ti faranno riflettere un attimo dopo averle fatte e dette. Ti scoprirai diversa, più leggera, in quel momento capirai e riuscirai a dire grazie per la vita che mi hai dato, che non mi hai negato: ora posso dirti addio, buona vita!

“La vita è strana ma da qui sembra un bene così prezioso…!”