"Con gli amici di Lega, Udc e Noi con l’Italia ci siamo riuniti a Villa Grande, qui a Roma. Il centrodestra di governo sta valutando l’attuale momento politico, davvero preoccupante, dovuto agli inspiegabili comportamenti anche delle ultime ore di Giuseppe Conte, del Movimento 5 Stelle e del Partito democratico".

Questa la dichiarazione di Silvio Berlusconi rilasciata a fine pomeriggio. 

Per i meno attenti, il centrodestra di governo non comprende quella che, nel caso di elezioni, sarebbe la forza trainante del centrodestra, Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni.

Ma di cosa si lamenta il "vecchio" Silvio? Del fatto che stamani Enrico Letta è stato ricevuto da Draghi a Palazzo Chigi. Lui sì, mentre Berlusconi e Salvini che chiedevano lo stesso non sono stati degnati di una risposta.

Per questo, hanno fatto filtrare una nota inviata da imprecisate fonti interne ai loro partiti in cui sostengono "l'incredulità del centrodestra di governo per le provocazioni del Pd: il premier non può gestire una crisi così complessa confrontandosi solo con il campo largo di Pd e 5 Stelle, a maggior ragione dopo una crisi causata dallo strappo di Giuseppe Conte e dalle provocazioni del Partito democratico".

Da Palazzo Chigi nessuna replica e neppure dal Nazareno. Bocche cucite. Giuseppe Conte, invece ha pubblicato un promemoria di Paolo Borsellino, in ricordo dei trent'anni dalla strage di via D'Amelio, che è leggibile anche in relazione alla realtà di questi giorni:

"Ho sempre accettato quali sono le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e di come lo faccio. La sensazione di trovarmi, come viene ritenuto, in estremo pericolo non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me e so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla certezza che tutto questo può costarci caro". 

Invece le più accese cheerleaders di Draghi, Carla Calenda e Mattea Renzi si scapicollano per invitare il premier a continuare a guidare il governo, naturalmente senza dimenticare di infangare i 5 Stelle e in primo luogo Giuseppe Conte.

Questa la performance di ieri del suppon(i)ente Calenda...

Mentre Matteo Renzi, il Cecchi Gori di Rignano,  si è addirittura inventato lo slogan da far ripetere a giornali e tv...

"Mentre Draghi è uno statista che pensa al Paese, Conte è uno stagista che pensa ai 5 stelle".

E a proposito di 5 Stelle, o di quel che ne rimane, continua l'arruolamento degli ex grillini da parte di Italia per il Futuro (di Luigi Di Maio) ad opera  dello stesso Dio Maio che si è già accordato con i nuovi transfughi che domani passeranno tra le sue fila, dopo aver dichiarato senza se e senza ma fiducia eterna a Mario Draghi... Signore dei mondi, il Compassionevole, il Misericordioso, re del Giorno del Giudizio, ecc.

Nel caso si andasse alle elezioni, i dimaniani potrebbero diventare un unicum, finendo per essere un gruppo nutrito di parlamentari alla Camera e al Senato che nel Paese, potrebbe essere votato - ma non è neppure sicuro - solo dai loro parenti, dopo aver ricevuto garanzia di una adeguata e certa contropartita.

Ma nel Paese c'è anche un animale in gabbia che si agita, freme, irride, sbraita e minaccia: Giorgia Meloni. La presidente di Fratelli d'Italia, dopo aver inveito contro la sinistra (che vede solo lei, visto che in Italia è scomparsa da tempo) che non vuole le elezioni, dimenticandosi però di fare altrettanto con i suoi alleati che stanno cercando disperatamente di mantenere in vita Draghi, alla fine ha optato per la logica dicendosi d'accordo con una riflessione di mitraglietta Mentana, in sostanza una banale fotografia dell'Italia di oggi:

"Il presidente del consiglio, che non è parlamentare né espressione di un partito o di una coalizione, ha deciso di dimettersi. Fin qui è tutto lineare. Lo è molto meno lo psicodramma che si è avviato di lì in poi, quasi che le forze politiche improvvisamente avessero paura di perdere il tutore, e di doversi riprendere le loro rispettive responsabilità (...). Così però - attenzione - si rischia di trasmettere agli elettori due segnali pericolosi: che quel premier è meglio di ogni leader eletto, e che una scelta di emergenza è preferibile allo strumento principe della democrazia rappresentativa, il voto".

Eppure buona parte dei poltronisti in Parlamento non vuole o fa finta di non capirlo.


Ultimora.
Matteo Salvini, Antonio Tajani, Maurizio Lupi e Lorenzo Cesa ricevuti in serata a Palazzo Chigi. Adesso sono traquilli: anche loro hanno incontrato Draghi... Quasi inutile ricordarlo: anche in questo caso sarà sicuramente colpa di Giuseppe Conte!