Questo martedì si è discussa la relazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari sulla questione se il Senato dovesse promuovere il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale "con riguardo agli atti posti in essere nell'ambito di un procedimento penale pendente dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze nei confronti del senatore Renzi".

La relatrice Fiammetta Modena, nel suo intervento odierno in aula ha spiegato il motivo per cui la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari ha votato a favore del perché sia necessario che sull'utilizzo da parte della magistratura sulla "corrispondenza" acquisita agli atti e riconducibile al parlamentare Matteo Renzi ad esprimersi sia chiamata la Corte costituzionale.

Ma "realmente" dei magistrati hanno acquisito agli atti di un'inchiesta la corrispondenza di un parlamentare senza chiedere il preventivo consenso dell'aula di appartenenza dello stesso, in questo caso il Senato?

Non è così, nonostante la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari lo voglia far credere, così come il senatore Renzi che lo ha ribadito nel suo intervento odierno che ha preceduto le dichiarazioni di voto.

Nel corso dell’indagine sulla fondazione Open, a seguito di perquisizioni e sequestri a danno di alcuni indagati, nelle mani della Procura di Firenze sono finiti dei messaggi Whatsapp che coinvolgevano il senatore Renzi che, per tale motivo, lo scorso 7 ottobre ha scritto alla presidente del Senato, chiedendo di tutelare le proprie "prerogative costituzionali" che considera violate dai pm di quella Procura. 

In base a quanto dichiarato dallo stesso Renzi alla Giunta per le Immunità del Senato, quello che il senatore non vuole finisca agli atti dell'inchiesta Open sono i messaggi via Whatsapp che lui ha scambiato con l’imprenditore Vincenzo Manes nel giugno 2018, cioè quelli in cui si parla del famoso volo privato Roma-Washington-Roma, da 135mila euro, da lui utilizzato per poter da una parte volare negli Stati Uniti per tenere un discorso commemorativo e dall'altra ritornare in tempo a Roma per non mancare ad una votazione in Senato.

Come è quindi facile capire, quei messaggi di Renzi a Manes sono finiti casualmente tra i documenti della Procura. Ma la Procura doveva chiedere al Senato l'autorizzazione per poterli utilizzare nell'inchiesta? Secondo Renzi e la Giunta che ha trattato il cao la risposta è affermativa. Invece, secondo la giurisprudenza ormai acquisita non è così.

Il perché lo spiega il Fatto Quotidiano con queste parole nell'articolo odierno, relativo alla vicenda, a firma di Giuseppe Pipitone:

«Più volte negli ultimi anni la Suprema corte di Cassazione ha spiegato che i messaggi Whatsapp rinvenuti in un telefono cellulare non rientrano nel concetto di corrispondenza. L’ultima volta lo ha fatto con la sentenza numero 1822 del 17 gennaio 2020. La vicenda riguardava un piccolo spacciatore di stupefacenti, condannato sulla base di una serie di elementi: tra questi anche i messaggi sul cellulare, scambiati con potenziali acquirenti. La difesa aveva fatto ricorso, appellandosi alla violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza.Per i giudici, invece, "Whatsapp non è corrispondenza". La sesta sezione penale della Cassazione aveva così rigettato quell’eccezione, come già aveva fatto la corte d’Appello, spiegando di aver fatto “ineccepibile applicazione della consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice secondo cui i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’indagato (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica scaricati e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche". ...Gli ermellini avevano citato alcune sentenze precedenti (del 2015 e del 2017) che escludono in maniera inequivocabile come "ai messaggi WhatsApp e sms invenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro non sia applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 c.p.p., in quanto tali testi non rientrano nel concetto di 'corrispondenza', la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito".Per la Cassazione, dunque, i messaggi whatsapp non sono da considerare "corrispondenza", ma neanche "un’attività di intercettazione, la quale postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, là dove i dati presenti sulla memoria del telefono acquisiti ex post costituiscono mera documentazione di detti flussi". Per sgomberare il campo da qualsiasi dubbio, quindi, i giudici avevano usato un tono particolarmente netto: "Si deve pertanto affermare il principio di diritto secondo il quale i messaggi whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, nè tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l’ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti"».

Le dichiarazioni di voto sul conflitto di attribuzione, manco a dirlo, si sono trasformate in un attacco alla magistratura da gran parte dei gruppi parlamentari. Pertanto, scontato anche l'esito del voto. 

Da segnalare che mentre il movimento 5 Stelle si è dichiarato contrario al conflitto di attribuzione, il Partito Democratico, tramite le ipocritissime dichiarazioni del senatore Parrini, si è invece espresso a favore.

Ci sarebbe anche da valutare, ancora una volta, l'ennesima giravolta di Renzi che in passato si era espresso contro coloro che ostacolavano le inchieste facendo leva sulle loro prerogative parlamentari. Adesso, come è sempre solito fare, il senatore di Rignano si smentisce e fa esattamente ciò che aveva detto non avrebbe mai fatto.

Come è andato il voto? 208 i votanti, 142 i favorevoli, 66 i contrari, nessun astenuto.

Come era prevedibile, il Senato ha deciso di investire della questione la Consulta guidata mirabilmente dal presidente Giuliano Amato, delle cui capacità ha dato lui stesso ampiamente dimostrazione con le fantasiose motivazioni con cui ha spiegato la bocciatura ai referendum su eutanasia e cannabis legale. 

Questi parlamentari e i partiti che li rappresentano, da tempo, sono completamente scollegati dalla realtà e se ne fregano (non esiste altro termine più adatto per descrivere quello che è il loro modo di agire) di etica, moralità e delle finalità con cui sono state istituite le prerogative a supporto dei parlamentari che vengono utilizzate, senza vergogna alcuna, per ostacolare l'attività investigativa e non certo per preservare il sacrosanto diritto di libertà e rappresentanza.

Sono gli stessi parlamentari che in tv fanno la faccia contrita chiedendosi il perché la gente non vada più a votare. In realtà la vera domanda è un'altra: come fa, con una classe politica come questa, così tanta gente andare ancora a votare?