Mobbing in ufficio: se protesti finisci in psichiatria!
Scrivania contro il muro
E' l’incredibile storia raccontata da una dipendente pubblica di Brescia. Si tratta di un triste, quanto chiaro, esempio di come le persone, etichettate in psichiatria, possano perdere i più elementari diritti. Questo rende evidente quanto sia necessaria una riforma del TSO.
La segnalazione ci è arrivata oggi. Una persona che in passato ha subito dei ricoveri psichiatrici coatti in seguito ad episodi di mobbing, racconta: “Qui sempre peggio... Ritorno dopo un mese tra ferie e malattia. I nostri uffici del servizio sociale cambiano.
Mentre tutti gli altri, si prendono tanto d'ufficio con finestre, la mia scrivania viene collocata contro un muro al buio. E lì deve rimanere. Se mi lamento finisco nuovamente in psichiatria. Come si può andare avanti così? Il peggio del peggio. Non so cosa ho fatto di male. Stavolta se rimango lì vado seriamente giù di testa.”
In passato lei aveva sofferto di una forma di depressione che imputava al mobbing subito in ufficio. Invece di essere aiutata a superare il suo disagio, era stata ricoverata coattivamente in psichiatria e rischiava di perdere il lavoro, destinata a una vita di assistenzialismo come spesso succede a chi finisce nei Centri di Salute Mentale.
L'azione del comitato.
Solo grazie all’intervento del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus e dell’avvocato Francesco Miraglia e dei suoi consulenti era stata dichiarata idonea al lavoro e reintegrata. Perciò la storia di questa signora di Brescia, fino a qualche giorno fa, sembrava una storia a lieto fine.
Ora però ci informa che nulla è cambiato. In ufficio non l’avevano presa bene, e il mobbing era continuato: assegnazione di mansioni di poco conto e altri trattamenti umilianti. Dopo l’ennesimo affronto, rischia di ricadere nel girone infernale in cui era precipitata in passato.
“Una persona con un’etichetta psichiatrica non ha gli stessi diritti delle altre persone.” Attacca Sonia Manenti Responsabile del gruppo di Brescia del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus.
“Se una persona normale scatena un putiferio dopo un’umiliazione come questa non corre il pericolo di essere portata via con la forza, imbottita di psicofarmaci e legata al letto. Chi invece ha quest’etichetta non può concedersi il lusso di protestare. A volte la psichiatria diventa un mezzo di controllo sociale, come pare sia il caso di Giuseppe Casù, l'ambulante di Cagliari legato, sedato e infine deceduto nell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari in seguito a un trattamento sanitario obbligatorio attivato d'ufficio di fronte alla sua agitazione contro le forze dell'ordine a causa dell'ennesima multa per abusivismo.
Questa donna ora rischia di finire in psichiatria se non riuscirà a mantenere i nervi saldi, e chi in ufficio la sta mobbizzando e intimorendo la farà franca e schernendola sosterrà che «si sapeva che era pazza».
Una riforma del TSO è sempre più urgente e necessaria per impedire queste ingiustizie e angherie.”