La Procura di Genova ha offerto agli indagati dell'inchiesta per reati di corruzione impropria e finanziamento illecito che per settimane ha riempito le pagine della cronaca e della politica non solo dei media liguri, ma anche a livello nazionale, la possibilità di patteggiamento.
Per quanto riguarda l'ex presidente della Liguria, Giovanni Toti, principale protagonista della vicenda giudiziaria, la Procura, in cambio della pena e di un processo che sarebbe durato anni, gli ha offerto una "condanna" a 1500 ore di lavori socialmente utili, l'interdizione temporanea dai pubblici uffici e l'incapacità di contrattare con le pubbliche amministrazioni per la durata della pena e la confisca di 84.100 euro.
Il patteggiamento non comprende comunque la parte dell'inchiesta relativa alla corruzione elettorale.
Giovanni Toti ha accettato l'offerta e prima che questa venga formalizzata da un giudice, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
"In giornate come queste torni a casa, ti guardi allo specchio e ti chiedi se hai fatto la cosa giusta.
Credo proprio di sì, per tutti: per me stesso, la mia famiglia, la mia parte politica, Marco Bucci che ora può correre e vincere la sua sfida, per chi ha lavorato al mio fianco ed è candidato e porterà avanti con orgoglio questi nove anni di buon governo.
Ogni accordo che si fa suscita due sentimenti contrastanti: l’amarezza di non aver combattuto fino in fondo per le proprie ragioni e la soddisfazione di vederne riconosciute comunque una gran parte.
Oggi i magistrati hanno riconosciuto che non ho preso un euro da nessuno per me stesso e che tutte le pratiche di cui mi sono interessato erano legittime e legali.
Dopo quasi quattro anni di intercettazioni, filmati, pedinamenti, controlli, dopo tre mesi di domicialiari che hanno portato a nuove elezioni, non esisteva quella sentina del male con cui la Regione Liguria è stata indentificata da certa stampa per odio politico.
Certo, ho accettato di fare 1500 ore di volontariato come condanna per quella che una legge dello Stato definisce “corruzione impropria”, ovvero atti legittimi, finanziamenti legittimi, ma rapporti considerati troppo amichevoli, diciamo così, con alcune imprese.
Io continuo a considerare le imprese che investono una risorsa, infatti la Liguria in questi nove anni è cresciuta. E continuo a ritenere chi finanzia la politica un cittadino attento al proprio territorio, anche se chiede, giustamente, che le pratiche corrano veloci.
E credo anche che lo scontro non sia tra Toti e i magistrati di Genova, ma tra una politica ipocrita che ha approvato e applaudito leggi morali, anzi moraliste e i pochi che credono in una democrazia liberale dove le persone vengono giudicate sui fatti e non sui pregiudizi.
Purtroppo neppure la lezione ligure ha indignato a sufficienza la politica per innescare un cambiamento. Chi oggi sussurra che si poteva tenere duro e andare fino in fondo con venti anni di processi, fa spesso parte di coloro che non ho sentito esprimere mezzo giudizio su quanto accaduto questa estate. Senza ricordare che grazie a quella politica che ha conquistato la fiducia delle imprese e contributi economici indispensabili per la vita pubblica, magari occupa la poltrona da cui ritiene di poter dare buoni consigli.
Il vero nemico della politica non è la magistratura, ma la politica stessa che ha costruito la gabbia in cui si è rinchiusa.
Io per provare a cambiare questa politica ho fatto quanto potevo e ho pagato di persona. Se al mugugno sommesso, o peggio, al sorriso a mezza bocca di chi spera di prendere il posto dell’inquisito di turno non subentrerà il coraggio di cambiare allora… avanti il prossimo, come dice una nota canzone, gli lascio il posto mio".
Non soddisfatto, Toti ha poi ripetuto la propria realtà anche in cassazione, cioè nella comparsata offertagli nella trasmissione tv condotta dal noto giornalista da 60 anni su piazza (e si capisce perché) Bruno Vespa che, per dimostrare e ribadire il modo in cui non si deve fare giornalismo, ha permesso a Toti di riscrivere la realtà in questo modo:
Un'offerta irrifiutabile, così la definisce #Toti da #Vespa. Come se si trattasse di un'affare vantaggioso, non di un patteggiamento. Senza vergogna. Dopo la patetica intervista a #Sangiuliano, l'informazione di #TeleMeloni scrive una nuova pagina della sua penosa programmazione. pic.twitter.com/JkQTSR9RAq
— Kαrloѕ X. (@karlitos_x) September 13, 2024
Così il ministero della Giustizia spiega il patteggiamento...
"Si tratta di un procedimento penale speciale nel quale l'imputato e il Pubblico ministero chiedono al giudice l'applicazione di una pena ridotta fino a un terzo rispetto a quella prevista per il reato commesso. Il patteggiamento è ammesso solo per i reati minori. Presupposto del patteggiamento è l'implicita ammissione di colpevolezza da parte dell'imputato e l'accordo tra imputato e Pubblico ministero sulla scelta di questo rito speciale. Il giudice può accogliere la richiesta dell'imputato in ordine alla pena anche quando il Pubblico ministero non è d'accordo. Se la sentenza è pronunciata sull'accordo tra imputato e pubblico ministero, l'appello non è ammesso".
Ma se Toti non ha ben chiaro il concetto di patteggiamento, può un giudice concedere il patteggiamento?