In tweet pubblicato questo sabato, la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, commenta così l'inchiesta portata avanti in Belgio che vede coinvolti alcuni eurodeputati:

"Il Parlamento europeo si schiera con fermezza contro la corruzione. In questa fase non possiamo commentare le indagini in corso, se non per confermare che abbiamo collaborato e collaboreremo pienamente con tutte le autorità giudiziarie e di polizia competenti. Faremo tutto il possibile per aiutare il corso della giustizia". 

Questa è l'indagine di cui parla la Metsola.

Secondo la procura di Bruxelles un non meglio precisato Paese del Golfo avrebbe cercato di influenzare le decisioni economiche e politiche del Parlamento europeo versando a tale scopo somme di denaro ad alcuni deputati ed ex deputati che ricoprono al suo interno posizioni politiche o strategiche di rilievo.

Secondo la stampa belga il paese in questione sarebbe il Qatar, con l'intento di far veicolare all'interno dell'Ue il messaggio che quel Paese, che adesso ospita i mondiali di calcio, abbia rispettato e rispetti i diritti umani, anche per quanto riguarda i diritti dei lavoratori. Come tutti sanno, le opere per i mondiali sono state realizzate con manodopera fatta arrivare da Paesi asiatici i cui lavoratori sono stati sfruttati, malpagati (quando sono stati pagati) e costretti a lavorare in condizioni tali da causarne persino il decesso.

Secondo gli investigatori belgi, alcuni esponenti legati soprattutto al gruppo dei socialisti dell'europarlamento sarebbero stati corrotti dal Qatar per sostenere che quel Paese aveva rispettato i diritti dei lavoratori.

I loro nomi?

Le indagini, partite quest'estate, hanno portato al fermo di quattro italiani, tra i quali figurano l'ex parlamentare europeo del Partito democratico Antonio Panzeri e l'attuale segretario generale dell'organizzazione internazionale dei sindacati, Luca Visentini. Per quanto riguarda Panzeri, anche la moglie Maria Colleoni, 67 anni, e la figlia Silvia, di 38, sono finite in carcere dopo l'esecuzione di un mandato d'arresto europeo chiesto dal Belgio. Nella loro abitazione sarebbero tati trovati 500mila euro in contanti. Tra le personalità coinvolte c'è anche la vicepresidente in carica dell'Eurocamera, Eva Kaili, giornalista molto nota nel suo Paese, nella cui abitazione sarebbero stati trovati (secondo fonti stampa) "sacchi di denaro".

Questo il testo di un suo intervento a Strasburgo di alcuni giorni fa:

"Oggi i Mondiali in Qatar sono la prova, in realtà, di come la diplomazia sportiva possa realizzare una trasformazione storica di un Paese con riforme che hanno ispirato il mondo arabo. Io da sola ho detto che il Qatar è all'avanguardia nei diritti dei lavoratori, abolendo la kafala e riducendo il salario minimo. Nonostante le sfide che persino le aziende europee stanno negando per far rispettare queste leggi, si sono impegnati in una visione per scelta e si sono aperti al mondo. Tuttavia, alcuni qui stanno invitando per discriminarli. Li maltrattano e accusano di corruzione chiunque parli con loro o si impegni nel confronto. Ma comunque, prendono il loro gas. Tuttavia, hanno le loro aziende che guadagnano miliardi lì".

Non è ancora chiaro però, il numero complessivo delle persone coinvolte nell'inchiesta e quali siano le loro responsabilità. Tra coloro che risultano indagate, vi sarebbero anche alcuni assistenti di parlamentari, come ad esempio Francesco Giorgi, che lavora per Andrea Cozzolino, europarlamentare del Pd, e legato sentimentalmente ad Eva Kaili.

Sicuramente, dell'inchiesta ne sapremo di più nei prossimi giorni. È però fin d'ora interessante sottolineare un aspetto della vicenda che pare essere sfuggito ai più.

Ma perché queste persone avrebbero commesso un reato nell'esprimere il proprio supporto al Qatar? Solo perché hanno ricevuto importanti regali e ingenti somme di denaro in nero? In quel caso avrebbero solo commesso un reato finanziario... se non fosse che avrebbero (si tratta di un'inchiesta) infranto il codice di condotta dei deputati del Parlamento europeo che vieta loro  di sollecitare, accettare o ottenere alcun vantaggio diretto o indiretto o gratifiche di altro tipo, sia in contanti o in natura, in cambio di un dato comportamento nell'ambito delle loro attività parlamentari, cercando scrupolosamente di evitare qualsiasi situazione che possa comportare corruzione o influenza indebita... oltre ad impegnarsi nell'evitare a titolo professionale attività di lobbying remunerate, direttamente connesse al processo decisionale dell'Unione.

Pertanto, l'inchiesta del Belgio ha smascherato un conflitto d'interessi portato avanti da alcuni parlamentari Ue e persone a loro collegate in violazione del regolamento del Parlamento dell'Ue, tanto da far ritenere agli inquirenti che possano essere accusati di corruzione.

Nel Parlamento italiano accade la stessa cosa, ma nessuno accusa di corruzione Matteo Renzi. Tutt'altro. Il senatore di Rignano viene invitato in trasmissioni tv, viene intervistato sui giornali e le sue filippiche contro giudici e colleghi finiscono per diventare pure un prodotto commerciale.

Lo stesso Renzi, però, fa attività di lobbying remunerata, ad esempio, facendo il conferenziere a pagamento per eventi organizzati dall'Economist della famiglia Agnelli e il consulente per un paese straniero, l'Arabia Saudita, per il quale indica il principe bin Salman (che la comunità internazionale accusa di essere il mandante dell'assassinio di un giornalista) come artefice di un presunto rinascimento arabo e dal quale riceve compensi milionari.

Matteo Renzi, in qualità di senatore, è presente in almeno una commissione parlamentare e in qualità di leader del suo partito controlla il suo gruppo parlamentare che, già in passato, ha dato dimostrazione di seguire alla lettera le sue indicazioni.

Quindi, che differenza c'è tra quanto hanno fatto gli europarlamentari perseguiti dalla giustizia belga e quanto fatto da Matteo Renzi? Non c'è alcuna differenza, salvo il fatto che il Parlamento europeo vieta ai propri eletti l'attività di lobbyng perché costituisce un palese conflitto d'interessi... il Parlamento italiano, invece, non lo prevede.

Per questo, Renzi in Italia può permettersi di fare alla luce del sole (salvo imbufalirsi se qualcuno svela i suoi compensi, comunque fatturati e dichiarati all'erario) ciò che a Bruxelles è assolutamente vietato.

A chi gli ha fatto notare che quanto lui sta facendo costituisce un palese conflitto d'interessi, Renzi ha risposto che la legge non glielo vieta e finché non glielo vieta lui continuerà a fare quel che sta facendo adesso.

Lo stesso senatore, però, si è dimenticato di aggiungere un paio di cose.

La prima è che lui, da legislatore, è pagato un sacco di soldi per ovviare alle mancanze legislative che lui sta sfruttando per i propri interessi. Quindi, lui in questo momento sta ricevendo dei soldi per non fare una legge sul conflitto d'interessi sull'attività di lobbying dei parlamentari in carica che, essendo stato investito del problema, avrebbe dovuto invece presentare già da tempo.

La seconda è che la sua attività da parlamentare, come quella del suo gruppo, non è credibile. Perché un cittadino italiano non dovrebbe supporre che un suo voto o quello del suo gruppo, così come una sua dichiarazione, come quella dei parlamentari del suo gruppo, non siano conseguenza delle attività di lobbyng di Matteo Renzi, remunerate dai suoi sponsor?

Al di là del riciclaggio e dei soldi in nero (aspetto che ovviamente non riguarda Renzi)... quello che sta facendo Renzi in Italia, alla fine del gioco, potrebbe essere quello che, ad esempio, Eva Kaili stava facendo a Strasburgo. Che assicurazioni hanno gli italiani che ciò che Renzi dice e promuove non sia dettato dai suoi interessi personali, in funzione delle sue conferenze e delle sue consulenze?

#loscandalorenzi