La pietra filosofale dei nostri tempi è la fusione nucleare, processo opposto alla fissione nucleare, in grado di riprodurre il meccanismo fisico che alimenta le stelle e di farci ottenere un'enorme quantità di energia rinnovabile, sicura, dal costo molto basso, alternativa ai combustibili fossili che permetterebbe a Paesi come l'Italia la piena indipendenza da petrolio, gas e carbone.

ENEA, in collaborazione con CNR, INFN, Consorzio RFX, CREATE e alcune tra le più prestigiose università italiane, ha ideato DTT (Divertor Tokamak Test), una sorta di "macchina" che dovrà fornire risposte scientifiche e tecnologiche ad alcune problematiche connesse al processo di fusione (come la gestione di temperature elevatissime), ponendosi come anello di collegamento tra i grandi progetti internazionali ITER e DEMO, che hanno come obbiettivo la realizzazione di un reattore sperimentale a Cadarache, in Francia, entro il 2050.

Una volta completato, DTT sarà un cilindro ipertecnologico alto 10 metri con raggio 5, all’interno del quale saranno confinati 33 metri cubi di plasma con un’intensità di corrente di 6 milioni di Ampere (pari alla corrente di sei milioni di lampade) e un carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadrato (oltre due volte la potenza di un razzo al decollo).

Il plasma lavorerà a oltre 100 milioni di gradi mentre gli oltre 40 km di cavi superconduttori di niobio, stagno, titanio distanti solo poche decine di centimetri, saranno a 269 °C sotto zero. Bersaglio di tutta la sorgente di potenza, il divertore, elemento chiave del tokamak e il più sollecitato dalle altissime potenze, composto di tungsteno o metalli liquidi, rimovibili grazie a sistemi altamente innovativi di remote handling.



Il DTT sarà costruito nel Centro di Ricerca dell'Enea a Frascati a partire dal prossimo dicembre. La realizzazione della "macchina" prevede un tempo massimo di sette anni, l'impiego di oltre 1500 persone - di cui 500 direttamente e altre 1000 nell’indotto - con un ritorno stimato di 2 miliardi di euro, a fronte di un investimento di circa 500 milioni di euro.

I finanziamenti sono sia pubblici che privati e vedono la partecipazione di Eurofusion, il consorzio europeo che gestisce le attività di ricerca sulla fusione (60 milioni di euro) per conto della Commissione europea, il MIUR (con 40 milioni), il MISE (40 milioni impegnati a partire dal 2019), la Repubblica Popolare Cinese con 30 milioni, la Regione Lazio (25 milioni), l’ENEA e i partner con 50 milioni cui si aggiunge un prestito BEI da 250 milioni di euro.

«Oggi è l’Italia che vince - ha dichiarato il Presidente dell’ENEA Federico Testa -, perché investe sulla conoscenza e sull’energia sostenibile con un progetto che garantisce prospettive scientifiche e occupazionali positive per tutti e, in particolare, per i giovani. Adesso si apre la fase dell’avvio operativo che richiederà il massimo impegno per garantire il rispetto della tempistica e degli adempimenti previsti, a cominciare dalla firma di un accordo con la Regione.»