L'Istat questo venerdì ha pubblicato i dati (provvisori) relativi all'andamento dell'inflazione a dicembre. il dato congiunturale, rispetto a novembre, è del -0,1%, quello tendenziale è del +1,1%, ma anche in questo caso in rallentamento rispetto a quello di novembre, che era del +1,6%.
Considerando che a dicembre tredicesime e acquisti natalizi dovrebbero far aumentare consumi e prezzi, il dato registrato dall'Istat è alquanto sconfortante.
Pertanto, nel 2018, i prezzi al consumo, salvo variazioni, hanno registrato una crescita del +1,2%, con l'inflazione di fondo, calcolata al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che ha fatto segnare un +0,7%: gli stessi dati del 2017.
In base ai criteri della Bce, l'Italia è al di sotto di 1 punto percentuale rispetto a quanto previsto dall'istituto di Francoforte come parametro che indichi stabilità nella crescita.
E proprio in funzione del traguardo del 2%, la Bce ha sospeso dal 1 gennaio lo scudo del QE sui titoli del debito pubblico dei Paesi dell'area euro. I mercati non si sono dimenticati dell'appuntamento, tanto che nel 2019 lo spread BTP/Bund è aumentato all'istante di 20 punti.
Ma il problema maggiore è che se la crescita dell'Italia non è da considerarsi acquisita già adesso, come potrà esserlo nei prossimi mesi con l'economia che, a livello mondiale, sta rallentando? Inoltre, non bisogna dimenticare che la prossima legge di bilancio è per metà finanziata in deficit e per l'altra metà finanziata da una supposta crescita, peraltro vista solo dal Governo, che dovrebbe coprire le spese per reddito di cittadinanza e quota 100.