Il “grido” della ragione
Guardate il video. Dovrebbe far scuola quel che dice questo giovane signore, Toni, alle telecamere della trasmissione “Diritto e Rovescio” dell'altro ieri, 1 dicembre 2022. Lui è un percettore di RdC, tra gli organizzatori della manifestazione che si è svolta qualche giorno fa a Palermo, e la sua composta indignazione, educazione e lucidità, esprimono una lezione non solo di stile ma soprattutto di buona politica.
Un commento mi sento di farlo.
Gruppi politici senza scrupoli hanno esasperato la già difficile simpatia che una stratificazione di piccoli (e a volte medi) imprenditori nutrivano per la loro manodopera. E viceversa.
Non sappiamo se credere a questi imprenditori, che continuano a dirne di tutti i colori sui percettori di RdC, i quali non avrebbero voglia di lavorare, o che vogliono lavorare solo a nero; oppure credere ai percettori, che a loro dire non ricevono offerte, e se le ricevono sono raccapriccianti e miserabili tentativi di sfruttamento, associati a “fuori busta” in nero per non pagare contributi.
A chi credere, dunque?
Non sarebbe per nulla difficile ipotizzare, se proprio non si vogliono guardare quei dati che nessuna di quelle fazioni politiche promotrici di questa guerra ha interesse a discutere. E già solo ipotizzando, abbiamo l’aleatorietà delle accuse degli imprenditori, che non hanno mai provato ciò che dicono (smentiti e pizicati, anche, da numerosi servizi televisivi come le Iene), e la certezza del passato, quando il RdC non esisteva. Ed è nozione di comune esperienza ciò che accadeva in passato tra diversi imprenditori e lavoratori: paghe misere, assunzioni a nero, fuori busta, obbligo di restituzione di parte dello stipendio, ore di lavoro extra, ferie recuperate, e via discorrendo.
Si può negare questa verità? Certo che no.
E’ anche fissata in innumerevoli vertenze sindacali e decisioni di giudici del lavoro.
Basterebbe quest’unica presa di coscienza per dubitare fortemente (rectius: sbugiardare?) quanto oggi affermato da certi imprenditori.
Il signor Toni, nei suoi quattro punti, ha chiesto essenzialmente delle banalissime cose. Banali solo nel senso della loro ovvietà, come parte essenziale di qualunque buona politica di base:
- Non essere abbandonati dal 31 agosto 2023, togliendo il RdC e lasciando le persone “occupabili” ancora disoccupate e nella disperazione;
- Lavoro dignitoso, quantomeno nella regione di residenza, e senza essere sfruttati a 3/5 euro l’ora con turni massacranti e nessun diritto;
- Formazione, per chi deve giustamente riqualificarsi per assorbire le nuove richieste ed esigenze del mercato del lavoro;
- Funzionamento dei centri per l’impiego, con obbligo per qualunque azienda o imprenditore di comunicare ai centri la necessità di personale e i contratti proposti, e l’immediata decadenza dal RdC per chiunque rifiuti il lavoro.
Come si intuisce facilmente, l’ultimo punto metterebbe tutti d’accordo e si vedrebbe finalmente chi eventualmente avrebbe torto o ragione, sui percettori fannulloni, poltronari, parassiti, e che se va bene hanno solo voglia di arrotondare in nero.
A me non sembrano richieste ragionevoli, ma di più: sono richieste dotate di estrema lucidità, coerenza con il più elementare welfare, e correttezza verso l’intera società, specie quando il sig. Toni dice: «...e se rifiutiamo un lavoro ci togliete subito il RdC». E cos’altro dovrebbe offrire o provare per essere un “occupabile” meritevole di percepire il Reddito di Cittadinanza finché non trova, o gli si offre, un lavoro dignitoso? Cosa??
Francia, Germania, Spagna, e ovunque in Europa, si fa più o meno così. Il sig. Toni non si è nemmeno inventato nulla. Ma allora cosa vi stanno raccontando, miei cari concittadini?
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