Questo sabato, nella Sala Clementina, Papa Francesco ha ricevuto i rappresentanti della stampa estera in Italia, in concomitanza della celebrazione, in molti Paesi, della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Questi alcuni passaggi delle parole del Papa:

«Vi esorto dunque a operare secondo verità e giustizia, affinché la comunicazione sia davvero strumento per costruire, non per distruggere; per incontrarsi, non per scontrarsi; per dialogare, non per monologare; per orientare, non per disorientare; per capirsi, non per fraintendersi; per camminare in pace, non per seminare odio; per dare voce a chi non ha voce, non per fare da megafono a chi urla più forte. ...


Ognuno di noi sa quanto sia difficile e quanta umiltà richieda la ricerca della verità. E quanto sia più facile non farsi troppe domande, accontentarsi delle prime risposte, semplificare, rimanere alla superficie, all'apparenza; accontentarsi di soluzioni scontate, che non conoscono la fatica di un'indagine capace di rappresentare la complessità della vita reale. L'umiltà del non sapere tutto prima è ciò che muove la ricerca. La presunzione di sapere già tutto è ciò che la blocca.

Giornalisti umili non vuol dire mediocri, ma piuttosto consapevoli che attraverso un articolo, un tweet, una diretta televisiva o radiofonica si può fare del bene ma anche, se non si è attenti e scrupolosi, del male al prossimo e a volte ad intere comunità. Penso, per esempio, a come certi titoli “gridati” possono creare una falsa rappresentazione della realtà. Una rettifica è sempre necessaria quando si sbaglia, ma non basta a restituire la dignità, specie in un tempo in cui, attraverso Internet, una informazione falsa può diffondersi al punto da apparire autentica. Per questo, voi giornalisti dovreste sempre considerare la potenza dello strumento che avete a disposizione, e resistere alla tentazione di pubblicare una notizia non sufficientemente verificata. ...


Il giornalista umile cerca di conoscere correttamente i fatti nella loro completezza prima di raccontarli e commentarli. Non alimenta l'eccesso di slogan che, invece di mettere in moto il pensiero, lo annullano. Non costruisce stereotipi. Non si accontenta delle rappresentazioni di comodo che ritraggono «singole persone come se fossero in grado di risolvere tutti i problemi, o al contrario come capri espiatori, su cui scaricare ogni responsabilità. ...

In un tempo di troppe parole ostili, in cui dire male degli altri è diventato per molti un'abitudine, insieme a quella di classificare le persone, bisogna sempre ricordarsi che ogni persona ha la sua intangibile dignità, che mai le può essere tolta. In un tempo in cui molti diffondono fake news, l'umiltà ti impedisce di smerciare il cibo avariato della disinformazione e ti invita ad offrire il pane buono della verità.

Il giornalista umile è un giornalista libero. Libero dai condizionamenti. Libero dai pregiudizi, e per questo coraggioso. La libertà richiede coraggio!»


Queste parole, più che alla stampa estera, il Papa avrebbe dovuto rivolgerle ai 2/3 dei giornalisti italiani, pronti a cambiar casacca e a "servire" a seconda delle convenienze questo o quel politico, questo o quell'industriale. E a costoro non gli si può neppure rinfacciar nulla, perché come giornalisti sono "liberi" di cambiare opinione, tanto da sostenere con lo stesso vigore e la stessa convinzione l'esatto contrario di ciò che avevano sostenuto fino al giorno precedente.

E costoro pretendono pure, per tale motivo, di essere definiti intelligenti.