Sono trascorsi ventisei anni da quel primo maggio 1994 quando, sul circuito di Imola, alla curva detta del Tamburello, durante un gran premio di Formula Uno, un incidente fatale ci portò via il pilota forse più carismatico di tutti i tempi: il tre volte campione del mondo Ayrton Senna, carioca di San Paolo, di lontane origini toscane e napoletane per parte di madre.
Chi scrive poco conosce di discorsi tecnici, ma ha respirato il mito delle corse. Siamo la patria di Enzo Ferrari, pilota forse non eccelso, ma imprenditore illuminato e innamorato pazzo dei motori. La figura del patron, scomparso novantenne nel 1988, sovrasta idealmente tuttora il proscenio del grande circo, come viene definito giornalisticamente il fenomeno della nota competizione stagionale, non fermata nemmeno dal mister Covid.
Ayrton, classe 1960, di ricca famiglia e ottima educazione, è ricordato sia per il talento professionale che per il temperamento determinato quanto affabile, all’occorrenza. La sera prima della corsa finale accettò di farsi fotografare insieme a una coppia di sposi, che festeggiava le nozze nell’hotel dove lui era ospite: fa male guardare quel giovane bello e malinconico, vestito con semplicità, che è molto suggestivo pensare presago del suo tragico e prossimo destino.
La “Formula” con la effe maiuscola non è l’unica competizione automobilistica al mondo, ce ne sono state e ne esistono altre, a partire dalla mirabolante “Indianapolis”, dove tuttavia, soprattutto per noi europei, l’emozione non era proprio la stessa: il percorso ad anello riusciva deprimente e tutto appariva come una carnevalata americana, benché alcuni piloti, come l’italo statunitense Mario Andretti, si fossero cimentati in entrambe. Per noi, esistevano solo gare propedeutiche al campionato vero, unico, dorato, stellare, che passava anche per ben due piste italiane, Monza e Imola appunto.
Non è azzardato accostare questo mondo a Hollywood, anche perché dinamiche e logiche sembravano le stesse, ai tempi: uomini belli e dannati, che spesso morivano nell’estremo sacrificio della spettacolarità, su bolidi resi sempre più insicuri da progettisti incaricati solo di aumentare la velocità, a scapito della sicurezza.
Ovviamente quel magico red carpet a mille cilindri era contornato da donne splendide, le pupe degli eroi in corsa, e molti miti sono fioriti: da Clay Regazzoni, che si vantava di conquistare le consorti altrui, al timido e biondissimo Mika Hakkinen, la cui moglie non lo mollava mai e lo seguiva ai box anche in procinto di partorire ( ma l’unione non durò ugualmente…), a Nelson Piquet, connazionale di Ayrton ma non suo amico, viste le frecciate al cianuro che i due si tirarono, si trattasse di lavoro o vita privata.
Senna, però, non era il tipo del playboy. A parte una sua presunta love story con Carol Alt, modella americana assurta alla gloria della recitazione grazie alla benevolenza nel nostro paese, sappiamo solo della fidanzata in carica al momento della tragedia, e lui non era certo un bellimbusto da tacche sulla cintura; mostrava, invece, sensibilità e solidarietà verso i colleghi, ben poco ricambiato, e preoccupazione per l’incolumità di chi sceglieva quel lavoro.
Forse per questi motivi o per altro ancora, negli ultimi tempi la sua figura provocava qualche fastidio; la morte di Roland Ratzenberger, in prova, lo aveva demoralizzato, più di quanto già non fosse per certe debolezze della sua vettura che, nelle interviste, minimizzava, ma erano il pane dei giornalisti del settore, che ci sguazzavano.
Molto si è detto della folle corsa fuori pista che gli costò la vita; si è mormorato di complotti, sabotaggi, di indifferenza verso le sue raccomandazioni a correggere i difetti della Williams, ne seguì perfino un processo. Nessuno venne condannato e non avrebbe potuto essere diversamente, né avrebbe fatto la differenza: noi vogliamo ricordare Ayrton nella sua intatta bellezza, non solo esteriore. Proprio pochi mesi prima Senna, parlando con la sorella, aveva espresso il desiderio di creare una fondazione a favore dei bambini brasiliani meno fortunati e le sue volontà furono realizzate, con innumerevoli iniziative portate avanti dalla famiglia, senza enfasi.
C’è ancora qualche pilota dotato del fascino a tutto campo del campione brasiliano? Probabilmente sì: ma, per alcuni di noi, non è ancora all’orizzonte.