Sapere di non sapere… ascoltare
Nessuno si dichiara mai intellettualmente inferiore a qualcun altro. Ci avete fatto caso?
Mettiamo da parte i modesti da circostanza e gli ipocriti; quelli che intercalano di non essere molto intelligenti, ma stranamente sempre all’avanguardia sull’argomento di cui stanno parlando in un dato momento. E dunque alla fine di gente (onestamente) consapevole dei propri limiti non se ne trova affatto.
Poniamo un pittore che prende in mano il suo pennello e lo imbratta appena, trasferendo su tela l’estro e la straordinarietà della sua arte in pochi istanti. La maggior parte non oserebbero guardarlo e dire: io faccio meglio! Al contrario, tutti pronti ad ammettere la propria incapacità.
Ma niente. Con la capacità di ragionare, la cultura e l’intelletto, madre natura sembra aver distribuito equamente le sue doti. Al massimo – appunto – si ammette in astratto di non essere dei bravi intellettuali, ma incredibilmente, e sempre, ferrati nel particolare ragionamento del momento; nell’argomento che si sta affrontando o che si deve affrontare. Avete presente: «Io non sono una cima, sono ignorante in tante cose, però devo dire che questa cosa qui e così e colà!»
Come si fa?!
Purtroppo il proprio limite non si può ammettere per due ragioni: perché è un limite talmente grave da non individuare alcun limite (un cretino, ad esempio); o perché lo si ritiene un limite vergognoso. Ammettere davvero di non capire o non sapere, magari mentre ci si è imbarcati in un dialogo impegnativo, è percepito da sé stessi come una gravissima sconfitta; una macchia infamante sulla propria intelligenza. E si confonde anche la cultura con l’intelligenza, pensando che siano la stessa cosa.
Socrate non la pensava certamente così. Il suo «So di non sapere» è ancora oggi la massima consapevolezza di un grande limite umano, ed è in quella cicuta che fu costretto a bere come vediamo nell’espressivo quadro di Jacques-Louis David, “Morte di Socrate” (1787), reo di imbarazzare con i suoi moniti e umiliazioni sui limiti della sapienza e dell’intelletto umano.
L’appello all’umiltà, però, non serve. Perché non è necessaria alcuna pratica di sottomissione per constatare un limite. L’umile è tale perché si depotenzia al fine di agevolare gli altri; e qui non è questione di depotenziarsi ma divenire consapevoli di un limite. Che può anche essere superabile, ma che potrà sempre essere inferiore a qualcun altro. E sarebbe una cosa assolutamente normale.
Il nostro Marcel Jacobs detiene attualmente il record europeo dei 100 mt. piani, ma Usain Bolt è ancora più bravo e detiene quello mondiale. E’ o non è il migliore di tutti? Gli altri non possono dire di essere veloci quanto Bolt, o addirittura più veloci. Più prove, dove si consolida un superiorità in qualcosa, determinano l’esistenza di quella superiorità in maniera incontestabile. Va accettata senza doversi necessariamente sentire inferiori in toto, come persone. E non ci sarebbero argomenti che tengano!
Tutto questo, in ambito sportivo, artistico, professionale, eccetera, è in effetti accettato di buon grado. E la cosa bella è che si lavora tanto per cercare di superare continuamente il proprio limite, e diventare più bravi in ciò che appassiona.
Perché non farlo anche in ambito intellettuale? Sempre che vi sia passione, ovviamente.
Perché cullarsi nel proprio limite e ritenere vergognoso ammettere di non essere all’altezza di un qualunque interlocutore, anche incontrato per caso, che in quel momento sta sovrastando, o anche superando di poco, la nostra intelligenza? E’ più intelligente, che male c’è. Apprendiamo da lei o da lui! E così ci miglioriamo.
Se fosse solo una persona più colta, ci basterà studiare di più. Possiamo così raggiungerla e superarla, se questa è la nostra fissa.
Se invece è più intelligente, sarà più dura ma il cervello ha molte affinità con i muscoli: possiamo allenarlo alla comprensione, al pensiero, alla critica, e così impegnarci ugualmente per raggiungere e superare chiunque. Se quest’altra è la nostra fissa.
E che Dio ci guardi! Sono “fissazioni” bellissime e da promuovere in tutti i modi. Facciamolo!
Basta non fissarsi così tanto da voler superare tutti. Proprio come quando si allenano i muscoli non possiamo pensare di poter superare chiunque, raggiungere ed eccellere in un certo tono, la stessa forza, lo stesso o migliore risultato. La genetica predispone meglio alcune persone rispetto ad altre, in qualunque ambito delle abilità umane. E’ questione di talenti: non abbiamo tutti gli stessi talenti e non possiamo essere tutti altrettanto forti, altrettanto veloci, altrettanto atletici e altrettanto intelligenti, per quanto ci si possa allenare.
In quest’ultima parte è chiaro che sto scrivendo delle ovvietà. Peccato, però, che queste ovvietà siano solo riconosciute all’occhio ed evochino persino fastidio, tanto sarebbero superflue; per poi non essere affatto intese e accettate quando il tema è l’intelletto.
Non ci vuole molto. Pensiamoci. Mettiamo da parte l’umiltà per altre cose, e rendiamoci consapevoli e onesti del limite intellettuale che tutti abbiamo: chi più chi meno. E’ lo stesso, semplice, percorso mentale che facciamo quando constatiamo di non saper tenere in mano un pennello per imbrattare una tela con significato.
E tutto questo ragionamento dovrebbe portarci unicamente ad aprire molto di più, MA MOLTO PIU’, la nostra mente. Allenare le orecchie ad ascoltare bene e non pensare unicamente a cosa si deve dire quando arriva il proprio turno, ma prestare molta attenzione a quello che ci viene detto. Concentrarsi bene su quello che si ascolta o si legge; approfittando in particolare della lettura che consente di poter rileggere serenamente e più volte per acquisire la totale comprensione di un pensiero.
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