Esteri

Per il Titan non rimane che recuperarne i resti

I corpi del britannico Hamish Harding, dei pachistani Shahzada Dawood e del figlio Suleman, così come quelli delll'ex sommozzatore della marina francese Paul-Henry Nargeolet e dell'amministratore di OceanGate, Stockton Rush alla guida del Titan, rimarranno in fondo all'oceano... ammesso che se ne possano trovare i resti.

Questo, anche se in termini meno brutali, è quanto ha dichiarato ieri il contrammiraglio Mauger della Guardia Costiera Usa durante la conferenza stampa in cui ha confermato l'implosione catastrofica che ha distrutto il Titan causando la morte pressoché istantanea delle cinque persone a bordo.

Le operazioni continueranno e saranno concentrate, a questo punto, sul recupero dei resti del sommergibile.

Infatti, sarà essenziale raccoglierne quanti più possibile, in modo che le autorità possano ricostruire quanto accaduto. Finora sono stati individuati cinque parti dello scafo: il cono di prua, le campane anteriori e quelle posteriori.

Nelle ultime ore è stato reso noto che la Marina degli Stati Uniti aveva rilevato suoni "coerenti con un'implosione" poco dopo che il sommergibile Titan aveva perso ogni contatto con la nave di superficie, secondo quanto dichiarato a CBS News da un funzionario della marina. Quella che è stata definita come anomalia acustica è stata utilizzata dalla Guardia Costiera degli Stati Uniti per restringere l'area di ricerca.

E dopo la tragedia, non mancheranno le polemiche, anzi, sono già iniziate. Principale bersaglio, la struttura del sommergibile e i controlli a cui era soggetta. Come per gli aerei, il cui ciclo di vita è delimitato dallo stress cui sono sottoposti nella fase di decollo e atterraggio, i molteplici viaggi del Titan potrebbero averne indebolito lo scafo, causandone l'implosione, visto l'enorme pressione cui era sottoposto alle profondità in cui operava. 

L'analisi dei resti potrà fare chiarezza al riguardo.

Autore Antonio Gui
Categoria Esteri
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