La polemica in corso circa la sorte della nave Aquarius ha il merito di aver finalmente acceso i riflettori su un problema che si continua a guardare con i paraocchi ideologici o di schieramento politico.
Innanzitutto è bene precisare che in discussione non è il principio del salvataggio di vite umane in mare o altrove. Qui in ballo ci sono le vicende che "seguono" il salvataggio e in particolare le norme internazionali che prevedono lo sbarco dei salvati nel "più vicino porto sicuro".
Norme che possono andar bene in caso di imprevedibile sciagura, ma ormai assistiamo a "sciagure" che tutto hanno meno che dell'imprevedibile, ma che sono, anzi, volutamente programmate in modo tale che si verifichino nelle acque più adatte, per obbligare poi l'intervento di salvataggio.
A queste condizioni è folle continuare ad applicare il principio del porto sicuro più vicino, perché nel Mediterraneo non occorre molta fantasia per capire quali e di quale nazionalità siano i porti "sicuri più vicini", e uno di questi, sicuramente "più vicino" di tanti altri, è Malta che però ha chiaramente fatto intendere che del principio della vicinanza e della sicurezza non gliene importa un fico secco, e questo senza che gli strali che si sono abbattuti su Salvini abbiano minimante sfiorato il governo maltese.
Finora l'Italia, in base al suddetto principio di "vicinanza", ha di fatto dovuto affrontare e risolvere il problema dei migranti nel silenzio dell'Europa, addirittura ritenuta colpevole di eccessiva faciloneria da alcuni paesi europei.
E' imperativo quindi, che le attuali norme vengano superate e sostituite da altre più adatte alla situazione attuale, che tengano conto, innanzitutto della nazionalità della nave intervenuta.