Salute

Le lesioni da pressione

Le lesioni da pressione rimangono un problema significativo sia nei reparti per acuti che nelle lungodegenze nonostante siano largamente prevenibili.

Le lesioni da pressione sono aree di danno tessutale della pelle e dei tessuti sottostanti causate da pressione, stiramento o frizione. Questo tipo di danno può anche essere conosciuto come: ulcere da pressione, lesioni da allettamento, decubiti o ulcere da decubito.
La gestione del carico sui tessuti ha l’obiettivo di sollevare dalla pressione i tessuti già danneggiati e di prevenire ulteriori danni tessutali in altre zone. Qualsiasi paziente con presenti lesioni da pressione deve essere considerato “a rischio” di ulteriori danni e devono essere seguite le raccomandazioni: cura della cute, igiene, gestione dell’umidità, interventi di sollievo dalla pressione, strumenti e superfici di supporto. Oltre a ciò si deve ricordare che tanto più grande è il danno esistente tanto meno tollerante sarà il tessuto a ulteriori pressioni.
Il rischio di sviluppare la lesione da decubito aumenta se alle forze di pressione, taglio e frizione si associano fattori generali quali le cattive condizioni di salute, l'immobilità e/o l'incontinenza, le malattie croniche in particolare la malattia diabetica, le vasculopatie e la malnutrizione.
La malnutrizione è un fattore di rischio estremamente importante nello sviluppo di lesioni da pressione. La compromissione dello stato nutrizionale, soprattutto se comporta calo ponderale, con conseguente riduzione del pannicolo adiposo e diminuzione delle proteine circolanti, aumenta la suscettibilità dei tessuti al danno da pressione.
Un altro importante fattore di rischio è rappresentato dall'invecchiamento. I soggetti anziani sono particolarmente esposti allo sviluppo di lesioni. L'invecchiamento infatti è caratterizzato da riduzione dell'elasticità della cute e della sua vitalità con riduzione del tessuto sottocutaneo, atrofia muscolare e maggiore fragilità capillare.
Il posizionamento e gli ausili quali i cuscini e le schiume devono essere utilizzati per prevenire pressioni dirette sul tessuto già danneggiato.
La valutazione del rischio di poter sviluppare lesioni da pressione è l'elemento di base per la pianificazione dell'assistenza infermieristica orientata principalmente alla prevenzione. La misurazione del rischio fornisce inoltre informazioni che aiutano l'infermiere e in senso più allargato l'équipe curante e la famiglia a dimensionare correttamente i tempi assistenziali da garantire al malato, necessari per prevenire l'insorgenza delle lesioni da decubito.
La valutazione iniziale del rischio permette di procedere successivamente al monitoraggio e alla rivalutazione periodica; in tal modo, risulta possibile verificare l'efficacia degli interventi posti in essere dal piano assistenziale.
Viene anche consigliato di considerare nella valutazione altri fattori che, se presenti, aumentano il rischio quali: l'incontinenza, l'immobilità, la malnutrizione, la situazione dello stato mentale. Tutti i malati che presentano uno o più fattori di rischio devono quindi essere valutati al momento della presa in carico e nel corso delle verifiche periodiche.
In tale sede vengono prese in considerazione le seguenti scale, universalmente accettate e raccomandate: indice di Norton (vedi tabella)

Lo scopo primario dell'assistenza infermieristica nell'approccio all'assistito valutato a rischio di sviluppare la lesione da pressione sarà, con l'aiuto della famiglia, di eliminare e/o ridurre il più possibile i fattori di rischio. La massima attenzione verrà posta a tutti gli assistiti che per l'evoluzione della malattia, o per il livello di disabilità sono costretti ad assumere posture obbligate a letto o in carrozzina, e particolare cura verrà posta nella salvaguardia della cute integra che riveste le prominenze ossee, che è la più esposta alle lesioni da pressione. Il primo ambito dell'intervento preventivo è quindi di agire sul principale fattore di rischio costituito dalla pressione esercitata dal corpo sulla cute, dalle forze di taglio e frizione. Per quanto concerne l'eliminazione o riduzione delle forze di taglio bisogna principalmente evitare che il corpo scivoli nel letto dall'alto verso il basso; mentre per le forze di frizione va evitato che nel corso degli spostamenti attivi e passivi la cute sfreghi contro le lenzuola o altre superfici, con la possibilità di microlesioni dello strato di cute più superficiale. La diminuzione della durata e dell'intensità della pressione si ottiene tramite i cambi di posizione che favoriscono la vascolarizzazione e l‘ossigenazione dei tessuti. La letteratura infermieristica indica che la frequenza per il cambio posturale dei soggetti a rischio non deve mai superare le due ore, e che in caso di arrossamento cutaneo, l'infermiere decide tempi più brevi per i cambi di posizione. Per evitare il formarsi di lesioni è fondamentale l'attuazione di un piano di mobilizzazione con adeguati cambi di postura. Il cambio di postura è l'insieme degli atti sostitutivi della mobilizzazione mirati al mantenimento dello schema posturale fisiologico. Il movimento è considerato la prima difesa dell'organismo contro i danni da compressione: al paziente valutato a rischio (secondo la scala adottata) deve essere applicato un piano personalizzato di cambio posturale per alternare le zone sottoposte a pressione e per evitare l'ostruzione del microcircolo e quindi l'ischemia e la necrosi. E' consigliata la rotazione periodica delle posture ogni due ore: viene indicato questo intervallo perché studi effettuati hanno dimostrato che è il periodo di tempo medio necessario perché si instauri sofferenza cutanea con danni maggiori al microcircolo; in realtà ciò può avvenire ad intervalli di tempo maggiori o minori, per le diverse caratteristiche generali e locali del singolo soggetto. Si potrà pertanto verificare la necessità di programmare cambi posturali più frequenti. Se i pazienti devono essere messi su una superficie di supporto dinamico quale un materasso a larghe celle con pressione alternata, a bassa cessione d’aria o in letti fluidizzati, se le possibilità di postura sono limitate o se il paziente poggia sul fondo di una superficie statica. Da ultimo, pazienti con grandi decubiti di grado III o IV devono essere posizionati su una superficie di supporto dinamica.
Il debridement chirurigico è il metodo più rapido per rimuovere il tessuto necrotico ma è limitato a coloro che ne hanno la competenza clinica. Prodotti moderni in pomata per la guarigione delle ferite, se usati correttamente, supportano il debridement autolitico. Questo richiede più tempo ed è utile per quei pazienti che non riescono a tollerare altri metodi ma non devono essere utilizzati se c’è un alto rischio d’infezione.
La terapia della medicazione si prefigge di proteggere la lesione da pressione da ulteriori deterioramenti e di fornire un ambiente ottimale per la guarigione e, allo stesso tempo, di essere costo efficace. È importate mantenere la lesione umida e la pelle circostante asciutta e intatta.
Le ferite si possono chiudere direttamente o con l’utilizzo di diversi metodi ricostruttivi quali il trapianto cutaneo, lembi adiacenti o liberi. La scelta della tecnica viene basata sui bisogni specifici del paziente,

Conclusioni
Le lesioni da pressione o ulcere da decubito, sono parti di pelle e tessuto danneggiate da una pressione protratta che interrompe il flusso sanguigno diretto verso una zona dell’organismo. Le piaghe da decubito si verificano con maggiore probabilità nei pazienti: Immobilizzati a causa di una malattia acuta, di una lesione o dopo un’anestesia, anche per un periodo breve, ad esempio dopo un intervento o un incidente. La terapia delle piaghe da decubito è piuttosto impegnativa. Le lesioni aperte faticano a guarire e, poiché la pelle e gli altri tessuti sono già stati danneggiati o distrutti, la guarigione non è mai perfetta. Le piaghe da decubito sono più facili da prevenire che da curare, ma questo non significa che il processo sia facile o senza complicazioni. Le piaghe si possono formare anche se il paziente è assistito scrupolosamente, però in molti casi è possibile prevenirle. Il primo passo da compiere è quello di consultare gli infermieri e il medico per elaborare un piano d’azione a cui voi e le altre persone che assistono il malato possiate attenervi. Tra i punti fondamentali del piano d’azione ricordiamo: i cambiamenti di posizione, l’uso di dispositivi di sostegno, l’ispezione quotidiana della pelle, una dieta nutriente.

Bibliografia
BestPractice, Volume 1, Issue 2, 1997

Autore Mirco Magri
Categoria Salute
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