Il bendaggio funzionale è un metodica di immobilizzazione parziale che a differenza delle immobilizzazioni tradizionali garantisce tempi di guarigione più veloci, in quanto l'articolazione viene messa in scarico e protetta solo nella direzione di movimento dolorosa e patologica. Tale procedura è possibile grazie all'applicazione mirata di cerotti adesivi e bende.
Un bendaggio base realizzato con una benda elastica, mono-estensibile e bi-estensibile, avente minime funzioni meccaniche di stabilità e scarico funzionale sommate a una più importante elasto-compressiva;
Un supporto di scarico o di sostegno specifico per le strutture traumatizzate, ottenuto indicativamente con materiale anelastico per le lesioni capsulo-legamentose e muscolari, elastico per le lesioni tendinee.

La differenziazione delle bende garantisce un maggiore rispetto della fisiologia dei tessuti. Con il taping era impensabile poter limitare l’azione di un tendine rispettando la fisiologica elasticità; alcune sue applicazioni comunque sono ancora valide e proposte come eventuali soluzioni.

La spinta data dalla necessità di miglioramento della tecnica del bendaggio adesivo impose regole precise. Con l’approfondimento della conoscenza della biomeccanica articolare, siamo in grado di confezione una protezione funzionale praticamente per qualsiasi patologia dell’apparato locomotore. Tuttavia il grado di importanza della lesione, quindi la diagnosi, deve essere rispettato, al fine di evitare il pericoloso errore di sopravvalutazione della metodica.

L’esperienza e l’evoluzione dei materiali ci permette di superare le difficoltà causate dall’idea, se vogliamo rivoluzionaria, di creare una protezione costante nel tempo, per strutture in movimento fortemente condizionate dal dolore. La morfologia dei segmenti bendati può diventare un ostacolo alla costruzione del supporto adatto, ma un operatore esperto, adeguatamente formato e addestrato sarà in grado di superare qualsiasi difficoltà.


Siamo di fronte a un prodotto sofisticato, molto evoluto rispetto alla cieca e totale protezione di un apparecchio gessato, più sicuro di una semplice elasto-compressione fornita dai bendaggi, ma altrettanto drenante.

Figurativamente possiamo immaginare il bendaggio funzionale come l’equivalente della sutura esterna di una lesione non visibile, che comporta una serie di evidenze cliniche che rappresentano una sfida per le proprietà del bendaggio funzionale. L’ematoma, l’emartro o l’edema risultano contrastati dall’azione elasto-compressiva che ha un ruolo anche antalgico per il veloce riassorbimento degli elementi enzimatici irritanti per i tessuti. L’effetto antalgico più importante, di immediata realizzazione, è ottenuto dallo scarico funzionale o dal sostegno articolare creato dalla costruzione del bendaggio; inoltre il mantenimento del movimento condiziona una riparazione cicatriziale normotrofica e non adesa, garantendo così un periodo di recupero ridotto rispetto alle terapie immobilizzanti.

Non esiste tutore che in fase acuta possa garantire una tale somma di vantaggi, tenuto conto anche che il bendaggio è sempre costruito a misura sul distretto anatomico interessato, mentre i tutori preconfezionati hanno dimensioni che coprono 2-3 taglie, con qualche problema di stabilità per i meno fortunati.

Qualsiasi cosa avvolga una parte sofferente, evitando l’effetto “laccio”, conferisce un soggettivo senso di protezione, con una sensazione di miglior controllo motorio della struttura traumatizzata. Questo è spiegato da studi che dimostrano come, stimolando la cute in un modo qualsiasi, si possano generare vari tipi di risposte riflesse. I più importanti nel nostro caso sono due:
Una facilitazione neuromuscolare, un’attivazione della muscolatura sottostante il tratto di cute stimolato, mediata dal riflesso esterocettivo (effetto “cerotto”) che una benda, adesa alla cute di un segmento corporeo in movimento, comporta. Studi stabilometrici hanno dimostrato un miglior controllo dell’equilibrio ipotizzando una esaltazione della propriocettività;
Un effetto decontratturante indotto dalla ripetitività degli stimoli tangenziali cutanei che portano un muscolo in stato di spasmo antalgico verso uno stato di attività tonica normalizzata, risolvendo gli aspetti collaterali e compensativi di una lesione.

Gli effetti riflessi giustificano la sensazione di sollievo e migliorato controllo che la tensione locale cutanea crea sulle strutture traumatizzate. Qualsiasi mezzo utilizzato per la protezione genera questa tensione, ma le bende adesive ottengono le risposte riflesse più efficaci.

La sua costruzione prevede esclusivamente una disposizione di staffe elastiche adesive disposte secondo un principio meccanico di scarico o di sostegno degli elementi traumatizzati. Si ottiene in questo modo un supporto meccanico, esaltato dai meccanismi riflessi cute-muscolo visti precedentemente, dando origine a una tecnica rieducativa che utilizza i vincoli muscolo-cutanei. In tal modo si facilita e si abbrevia ulteriormente il tempo di recupero, soprattutto nei traumi distorsivi, con progressioni di esercizi riabilitativi più rapide, oppure si proteggono atleti particolarmente a rischio di recidive durante allenamenti o gare.

L’insieme di queste tre tecniche di bendaggio adesivo offrono quanto di meglio si possa oggi ottenere come proposta di terapia, rieducazione o prevenzione a vantaggio di pazienti e/o atleti, sfruttando tutte quelle caratteristiche dei materiali adesivi che sono andate ben oltre le iniziali aspettative.