La lunga mano del PD romano sulla cultura dell’accatto
Roma nel 2023 ha raggiunto i quasi 50 milioni di presenze.
È una città che può contare su una rendita smisurata in tema di ricchezza storica e culturale.
Un vitalizio ereditato nel tempo dalle varie amministrazioni che hanno potuto a ragione rivendicare questo straordinario primato.
La fortuna di gestire uno dei luoghi più belli del mondo, ha permesso alle diverse burocrazie di muovere enormi flussi di denaro e assicurarsi una leva di potere senza pari.
Dal 1993 fino agli albori del XXI Secolo, gli allora esponenti dei Democratici di Sinistra, ebbero l’opportunità di governare Roma in un periodo di grande sviluppo legato soprattutto al Giubileo del 2000. Il Sindaco Francesco Rutelli, affiancato da Walter Tocci, vicesindaco e uomo di notevole spessore politico e intellettuale, riuscì a creare molte condizioni positive per garantire infrastrutture di valore e un ampio spazio di prospettiva.
Gli eccezionali volumi di investimento che confluirono con relativa rapidità, determinarono però un vasto intreccio di interessi e oscuri patti di cooperazione tra politica/amministrazione e imprenditoria di varia natura.
Un reticolato di relazioni che trovò un terreno ancora più favorevole nella successiva fase di veltroniana memoria. Fu il tempo nel quale si insediò un apparato estremamente potente. Un capo che esercitava grande influenza, ulteriormente potenziato dall’investitura di leader dell’appena sbocciato Partito Democratico (nda: il partito nato morto), raccolse attorno a sé un gruppo di fedelissimi che in breve assunse il controllo della città.
Elemento non marginale è che Veltroni viveva uno spiccato trasporto verso l’iniziativa culturale. Del resto, le sue frequentazioni principali si muovevano nel settore del cinema e anche le sue aspirazioni “artistiche” avrebbero in seguito confermato questa tendenza che, possiamo affermare con rammarico, non avrebbe raggiunto un grande successo.
I gerarchi del PD, pretoriani dell’imperatore, si lanciarono con impeto irrefrenabile su un campo di battaglia che prometteva potere e ricchi malloppi.
Feste del cinema, della musica, notti bianche e altre sagre della cultura divennero padrone della scena in un brulicare di eventi che in breve tempo stordì l’intera città. Di lì a poco, Roma sarebbe diventata un grande parco giochi per turisti e cittadini immersi in un vortice di svago senza nessuna cultura.
Un affare che però valeva milioni di euro, capace di concentrare in sé strumenti formidabili di controllo e consenso.
Per il controllo venne creata Zétema, enorme struttura burocratica utile anche per l’inserimento lavorativo di centinaia di amici, parenti e affiliati vari. È il consenso bellezza.
Ma l’operazione più malsana e diabolica fu l’assoggettamento dell’associazionismo culturale romano. Con pochi spicci spruzzati a pioggia, riuscirono a inglobare nel sistema piddino centinaia di operatori che, spesso loro malgrado e in cambio di qualche fiorino, furono costretti a organizzare centinaia di eventini per 10 spettatori.
Poco importava che quello stesso sistema avesse nel frattempo diviso il PD romano in bande di quartiere. I boss dei municipi gestivano ormai in totale autarchia la loro fetta di consenso, di soldi e di altre puttanate. E intanto Roma diventava più sporca e più violenta, in un malinconico declino verso la barbarie.
Una decadenza accolta con una strana rassegnazione divertita. Perché gli eventini intrattengono e distraggono. Ti fanno ballare mentre la nave affonda.
In quella relazione tossica e simbiotica tra potere e associazionismo, malata di corruzione e mortedifamismo, si spense anche l’ultimo faro della dignità e dell’identità di una meraviglia che tanto fascino aveva guadagnato nel tempo. Oggi viviamo in un luna park di borgata.
C’è da aggiungere che il dominio PD a Roma è stato interrotto solo dalla parentesi Alemanno, capitolata per corruzione, e dalla sortita grillina, non pervenuta.
Un panorama quindi misero aldilà delle sigle della partitocrazia.
Quando ho denunciato, più o meno con queste parole, la degenerazione che stava facendo crollare Roma, la cupola piddina ha deciso che dovevo essere neutralizzato e fatto sparire.
Quando sono entrato nella direzione del Filmstudio, il filmclub italiano per eccellenza, hanno avuto paura e mi hanno fermato.
Zingaretti è da sempre sfuggito a un confronto che era invece dovuto. Mi ha costretto a parlare con Albino Ruberti, detto “er pugile”, che è il signore della storia nota come “inginocchiati che ti sparo” https://www.youtube.com/watch?v=F1U7H3ozxGE.
Un mondo con cui non voglio avere a che fare.
Anche l’attuale amministrazione si nasconde per non dare spiegazioni e risposte. https://www.romafilmstudio.it/il-mistero-del-bando-scomparso/
Vogliono tutto loro e vogliono che ogni cosa succeda nel buio e nel silenzio.
A Roma non esiste più un cineclub indipendente e stanno facendo morire i pochi luoghi liberi rimasti.
L’atteggiamento totalitario e repressivo del sistema di potere romano ha cancellato un tessuto culturale e umano che garantiva libertà espressiva e indipendenza intellettuale.
Lo sanno bene le giovani generazioni alle quali è stato rubato il futuro ma presto se lo andranno a riprendere e questo sistema scomparirà senza lasciare traccia.
A questi link troverete alcuni approfondimenti:
La registrazione audio di un incontro avvenuto negli uffici della Regione Lazio:
https://youtu.be/vsc-h9jPPSE
Gli articoli che evidenziano il degrado romano
Il Fatto Quotidiano
https://www.romafilmstudio.it/la-lunga-mano-zingarettiana-sul-filmstudio/
La Repubblica
https://www.romafilmstudio.it/filmstudio-stop-in-attesa-della-regione/
Facciamo quei 100 passi.
Prima di non accorgerci più di niente
Stefano Pierpaoli
Direttore del Filmstudio
https://www.romafilmstudio.it/
https://www.facebook.com/FilmclubFilmstudio
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