Tutto è iniziato nel 2011, con dimostrazioni pacifiche sulla falsariga di quella che fu definita la "primavera araba", sfociate poi in una guerra civile a seguito della brutale repressione del regime di Baschar al-Assad.

La situazione economica del paese, nonostante alcune riforme di Assad che, però, avevano creato benefici solo per il ceto medio urbano, era difficile, soprattutto nelle zone rurali, colpite da un periodo di siccità.

Nel paese regna la corruzione. Per qualunque cosa è necessario avere le conoscenze giuste. Le posizioni di governo sono nelle mani della minoranza religiosa degli Alauiti, cui appartiene il clan di Assad, il cui regime si serve delle rivalità fra i vari gruppi etnici e confessionali per rafforzare il suo potere.

 

Gli eventi scatenanti del conflitto

Marzo 2011
Nella città di Daraa, alcuni bambini che hanno scritto slogan anti-regime sui muri delle case, dopo aver visto in televisione immagini della primavera araba, sono arrestati e torturati. Ai genitori che ne chiedono il rilascio viene risposto con disprezzo: "Fatene un altro". Centinaia di persone scendono in strada a protestare e Damasco invia soldati e carri armati. Le proteste si estendono ad altre città per solidarietà con Daraa e si cominciano a chiedere le dimissioni di Assad. Il regime risponde arrestando migliaia di studenti e di attivisti e rilasciando dal carcere alcuni jihadisti, affinché contrastino la rivolta. Gli stessi che oggi sono alla guida delle milizie islamiste.

Estate 2011
Dimostrazioni di massa si tengono regolarmente a Homs e Hama. Il movimento di protesta si divide di fronte alla brutale repressione del regime di Assad. Per alcuni è arrivato il momento di imbracciare i fucili. A questi si uniscono soldati dell'esercito regolare siriano, che disertano perché non intendono sparare sui manifestanti. I governi occidentali chiedono le dimissioni di Assad.

Autunno 2011/Primavera 2012. Fallimento dei negoziati
Damasco sembra accettare la mediazione della Lega Araba, ma poi non mantiene fede agli accordi. E' la volta di una proposta dell'Onu che manda in Siria alcuni osservatori. Anche in questo caso il governo non mantiene gli impegni, non ritira artiglieria e carri armati dai luoghi abitati e non rispetta la tregua.

Estate 2012
La repressione del governo di Damasco si fa più dura ed entra in campo l'aviazione. Il regime ha perso il controllo su una larga parte del paese e, intanto, gruppi di jihadisti cominciano a raccogliersi al confine fra Siria e Turchia. Damasco comincia ad utilizzare le cosiddette "barrel bomb", fusti contenenti dinamite e pezzi di metallo, che data la loro imprecisione provocano gravi danni fra la popolazione civile.

Estate / Autunno 2013
Il governo di Assad usa gas contro una postazione di ribelli a Damasco, causando centinaia di morti. Stati Uniti e Russia impongono alla Siria la distruzione di tutte le armi chimiche in suo possesso. Damasco accetta e la gran parte del materiale viene portato fuori dal paese e distrutto. Ispettori dell'Onu inviati sul posto sospettano, però, che non tutto sia stato consegnato.

Estate 2014
Con la mediazione dell'Iran viene raggiunto un compromesso fra il regime e i suoi oppositori, che abbandonano la città di Homs per raggiungere indisturbati il nord del paese. Baschar al-Assad esce vincitore da un referendum popolare e si autoproclama nuovo presidente della Siria. Lo Stato Islamico dichiara un califfato in parte della Siria e in Iraq. Una coalizione guidata dagli Usa comincia a bombardare le truppe dell'Isis, che diffonde il video dell'esecuzione del giornalista James Foley.

Estate/Autunno 2015
La Russia, con la sua aviazione, si schiera a fianco di Assad. Si forma una coalizione con Russia, Iraq, Iran e governo siriano per sconfiggere definitivamente i ribelli, che, intanto, nella parte nord-occidentale del paese riportano una serie di successi contro le forze governative. La Siria è praticamente divisa in cinque parti: a nord-ovest il controllo è in mano ai curdi del PKK, a nord-est agli oppositori del regime, la parte orientale è controllata dall'Isis, quella centrale fino alla costa dal regime siriano e dagli Hezbollah libanesi, mentre il sud è occupato ancora dai ribelli e dalla minoranza religiosa dei Drusi.

Inizio 2016
Negoziati fra Russia e Stati Uniti portano ad una tregua che riduce in modo significativo gli scontri. In decine di città e di villaggi nei territori occupati dagli oppositori del regime si registrano nuove dimostrazioni contro il regime di Assad. Nelle stesse zone aumenta la presenza del Fronte al-Nusra (oggi Fatah al-Scham), un gruppo legato ad al-Qaida. A Ginevra si incontrano esponenti del regime siriano e l'incaricato Onu per la Siria, Staffan de MIstura, annuncia che nell'arco di un anno e mezzo in Siria sarà eletto un nuovo presidente. La Russia dichiara terminata la sua missione, ma lascia una parte delle truppe nel paese medio-orientale.

Marzo 2016
Con l'aiuto dell'aviazione russa, il governo di Damasco riconquista la città di Palmira, dal maggio 2015 nelle mani dello Stato Islamico, che ha distrutto gran parte di un luogo dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco.

Estate 2016 - Battaglia a Aleppo
Nel mese di luglio 2016 l'esercito siriano riconquista la cosiddetta Castello Road, attraverso la quale passano gli aiuti provenienti dal confine turco e diretti nella parte orientale di Aleppo, occupata dai ribelli. Oltre 200 mila persone rimangono isolate. Le milizie islamiste dalla provincia di Idlib iniziano un'operazione per rompere l'assedio. A guidarle è il gruppo Fatah al-Scham, quello che una volta si chiamava Fronte al-Nusra. Dopo una settimana di duri scontri, riescono a rompere l'assedio.

Agosto 2016
L'aviazione turca bombarda postazioni dell'Isis e delle milizie curde nel nord della Siria. Contemporaneamente truppe di terra attraversano il confine. Ufficialmente Ankara dichiara che lo scopo dell'operazione è di ripulire il confine da gruppi terroristici. In realtà, c'è soprattutto l'intenzione di esercitare una repressione contro i Curdi.

 

Quali le parti in campo nel conflitto siriano

La guerra in Siria è da considerarsi una guerra civile in cui si fronteggiano sostenitori e oppositore del regime. Il presidente siriano Baschar al-Assad è intenzionato a rimanere al potere. I ribelli intendono rimuoverlo ed essere loro a formare il nuovo governo. Entrambi i fronti sono molto frammentati con gruppi di miliziani di tendenze diverse. A questi si sono aggiunti anche lo Stato Islamico e le potenze internazionali.


Il regime siriano
Assad può contare sull'aeronautica e su quello che resta dell'esercito siriano, dopo che molti militari hanno disertato già nel 2011 e molti giovani siriani sono fuggiti all'estero per evitare la leva obbligatoria. A sostenere formalmente il governo sono anche molte milizie locali, che però combattono per loro interessi particolari. Fra queste le forze di difesa nazionale, presenti in tutto il paese e appoggiate dall'Iran.

I ribelli siriani
Fin dall'inizio molte delle piccole milizie locali di ribelli si sono coalizzate fra loro. La coalizione più forte è quella formatasi nel marzo 2015, nella parte nord-occidentale del paese, con il nome di Jaish al-Fatah (Esercito della Conquista), guidata da Fatah al-Scham (ex Fronte al-Nusra) e comprendente altri sei gruppi ribelli tra cui Ahrar al-Sham. Rifiutano la democrazia e vogliono una Siria islamista in cui le leggi siano basate sulla Sharia.
Con loro collaborano anche piccoli gruppi locali, privi di un orientamento religioso, che si definiscono appartenenti all'Esercito Siriano Libero, le cui fila, al quinto anno di guerra, si sono molto ridotte, in mancanza di aiuti internazionali, indirizzati quasi totalmente verso le forze islamiste.

 

Sostenitori internazionali di Assad
Iran - Vuole rafforzare la sua presenza in Siria, con o senza Assad. E' intervenuto massicciamente a favore del regime siriano fin dal 2011 con proprie truppe e con migliaia di miliziani.

Iraq - Dal 2013 miliziani sciiti iracheni sono presenti in Siria per aiutare il governo di Assad.

Russia - Vuole che Assad resti al potere, per mantenere la sua influenza in Siria. Aiuta il regime con armi e denaro dall'inizio della guerra. Dal 2015 è impegnata direttamente nel conflitto, soprattutto con bombardamenti indirizzati contro i ribelli.

Libano - Il partito sciita libanese e le milizie Hezbollah combattono con migliaia di uomini a fianco del regime siriano.

 

Oppositori internazionali di Assad
Una vera e propria coalizione degli oppositori di Assad in realtà non esiste. Quella definita degli "Amici della Siria", formatasi nel 2012, è praticamente scomparsa. Nel 2014 se ne è costituita una sotto la guida degli Stati Uniti, cui partecipano 60 paesi. Questa, però, non combatte realmente contro Assad, ma si concentra su quello che il suo minimo comun denominatore e cioè la lotta contro lo Stato Islamico.

Stati Uniti - Vogliono che Assad se ne vada, perché possa instaurarsi un regime democratico pro-occidentale. Finora hanno rifornito di armi leggere qualche migliaio di ribelli siriani, un numero trascurabile in una guerra con centinaia di migliaia di combattenti. Sostengono ribelli moderati, che non hanno legami con gli islamici radicali, una specie che in Siria è in via di estinzione.

Stati del Golfo - Vogliono rovesciare Assad e portare al governo i ribelli siriani islamisti. Alcuni di loro, all'inizio del 2012, hanno sostenuto con armi e denaro gruppi radicali, che successivamente sono entrati a far parte dello Stato Islamico.

Turchia - Vuole sostituire Assad con i ribelli siriani sunniti. Tollera la presenza in Turchia di frange dello Stato Islamico, ma alcune fonti parlano di un appoggio diretto. Mezzi di comunicazione turchi hanno riferito di un carico d'armi trasportato in Siria dai servizi segreti turchi. Non si conoscono i dettagli. Il governo di Ankara ha smentito la notizia.

 

Le altri parti in guerra
Oltre allo scontro fra il regime di Assad e i suoi oppositori nella guerra siriana ci sono altri fronti.

Stato Islamico (Isis) - Combatte contro Assad e i suoi oppositori e vuole abolire lo stato siriano per creare un califfato transnazionale. Originariamente è un gruppo terroristico che nasce a seguito dell'invasione americana dell'Iraq, formato da veterani di al-Qaida, cui si sono aggiunti molti esponenti del regime di Saddam Hussein. Dal 2012, cerca soprattutto di infiltrarsi nelle zone occupate dai ribelli siriani e di assumerne il controllo. Nel 2014 c'è stato il primo vero scontro con le forze governative siriane. Vaste aree, pur se scarsamente popolate, della Siria orientale sono già state dichiarate province del califfato. Ultimamente, però, il territorio sotto il controllo dell'Isis si sta sempre più riducendo.

Unità di Protezione Popolare (YPG) - Sono il braccio armato siriano del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), formazione di sinistra dei Curdi presenti in Turchia. Alla metà del 2012 hanno preso il controllo di alcune aree del nord della Siria e stanno occupando via via nuove zone lungo il confine con la Turchia. La città più conosciuta nelle loro mani è Kobane.
Hanno ribattezzato la zona occupata Kurdistan Occidentale (Rojava) e lottano per affermarne l'autonomia all'interno dello stato siriano. Si possono definire degli indipendenti, in quanto collaborano di volta in volta con gli oppositori siriani di Assad e con i sostenitori di Assad contro l'Isis, che minaccia il territorio sotto il loro controllo.
Insieme a milizie arabe, hanno formato una coalizione nella Siria settentrionale, denominata Forze Democratiche Siriane (SDF), che nell'agosto 2016 ha riconquistato la roccaforte dell'Isis di Manbidj e si trova ora a 60 chilometri a nord di Rakka. Sono appoggiati dagli Stati Uniti con attacchi aerei e con la presenza di consiglierei militari. Allo stesso tempo, però, vengono minacciati da uno degli alleati degli Usa, la Turchia. Nel 2015 è ripreso nuovamente lo scontro fra il governo di Ankara e il PKK, le cui postazioni sono ripetutamente bombardate dall'aviazione turca.