La campagna denigratoria che i partiti di destra e Confindustria in testa hanno scatenato contro il RDC dimostra miopia e disinteresse per i destini di circa sei milioni di cittadini scivolati in un grave stato di necessità per le scelte “liberiste” degli ultimi decenni che hanno privilegiato il profitto all’individuo.
Dobbiamo chiederci chi ha scelto e imposto che per uno stato il profitto debba essere l'obiettivo economico fondamentale da perseguire.
Attribuire al capitale la personalità giuridica ha dato origine a questa rovina: oggi troviamo sul mercato società di capitali di grandi dimensioni - multinazionali - che operano a livello globale le cui direzioni sono localizzate in un paese ma gli impianti produttivi e la distribuzione sono dislocati in varie parti del mondo normalmente dove vi sono le condizioni per realizzare maggior profitto. Queste strutture economiche influiscono sugli equilibri politici ed economici interni dei paesi che le ospitano e che sta costando la morte per fame a milioni di persone e un inquinamento che ha compromesso ormai irrimediabilmente l’assetto climatico dell’intero globo terrestre.
Le multinazionali si sono espanse e hanno potuto accumulare immense fortune convertendo gradualmente le popolazioni occidentali al consumismo attraverso l’uso spregiudicato dei media e della pubblicità, partendo dal semplice principio che attraverso un’elevata produttività è possibile creare una domanda di beni e servizi in quantità e qualità sempre maggiori. Il consumismo ha determinato anche una rivoluzione negli strati sociali delle popolazioni infatti dal possesso di beni pregiati deriva lo status sociale di classe facoltosa.
Una economia globalizzata ha permesso alle multinazionali di influenzare le scelte politiche ed economiche dei paesi in cui operano e aggirarne con il loro potere ogni barriera.
I paesi che ospitano le produzioni sono relegati al ruolo di garanti dell’ordine, non offrono tutele ai lavoratori che vengono ignobilmente sfruttati e devono subire gravi violazioni dei diritti umani inoltre queste mastodontiche strutture economiche smantellano le nazioni avendo la possibilità di pagare le tasse dove costa meno sfruttando l’espediente legale della sede fiscale: potendo influenzare la politica le multinazionali condizionano ogni aspetto della società. Sono stati definiti “contribuenti virtuali” perché ottengo vantaggi e agevolazioni dallo stato affinché la società mantenga la sede fiscale nel suo territorio, per compensare i mancati introiti lo stato si rifà in parte sui contribuenti reali cioè le piccole e medie imprese che sono costrette a chiudere schiacciate dalla concorrenza sleale e dalle forti imposte; la disoccupazione che ne deriva diviene un costo per lo stato sociale che sarà compensato tassando ancor di più i rimanenti contribuenti reali provocando un circolo vizioso che svuoterà le entità statali di ogni potere e capacità di difendere la collettività dal dominio delle società di capitali provocando disuguaglianze e fame.
Ecco perché è un errore affidare il governo di uno stato ad imprenditori o a individui che hanno fatto carriera nell’ambito di strutture finanziarie strategiche.
Il RDC è un provvedimento legittimo e dovuto a coloro che sono stati esclusi dal mondo del lavoro o costretti a lavorare precariamente e a condizioni feudali. Il RDC costa allo stato 9 miliardi di euro l’anno contro un’evasione fiscale pari a 60 miliardi di euro annui sottratti illegalmente alla collettività dai liberi professionisti e da una imprenditoria parassita che percepisce sistematicamente sussidi pubblici, sgravi fiscali, miriadi di incentivi e di agevolazioni oltre ad avere l’esclusiva su tutti gli appalti pubblici nazionali.
Il primo fondamentale passo verso un depotenziamento di tale pericoloso fenomeno economico è quello di eliminare tutte i paradisi fiscali e adottare norme di tutela uniche per tutti i lavoratori per smantellare il vergognoso fenomeno dello sfruttamento soprattutto della manodopera. È vitale ed urgente una risposta globale di tutti gli stati allo strapotere delle multinazionali attraverso una comune ridefinizione della normativa del lavoro; attualmente a livello europeo si sta dibattendo sulla necessità di fissare un minimo salariale garantito.
Sarebbe opportuno revocare la personalità giuridica alle società di capitali e varare una normativa a tutela degli interessi collettivi vietando le privatizzazioni dei settori vitali dell’economia e dei servizi pubblici e sottraendo il controllo delle materie prime da parte di un numero sempre più esiguo di soggetti privati. Un contributo positivo deriverebbe dal mutare la qualità dei consumi favorendo le produzioni delle piccole e medie imprese che patiscono la concorrenza sleale della grande produzione e distribuzione e il peso dello stato sociale.
Lo sviluppo della società industriale e il riconoscimento della personalità giuridica ad un ente economico ha determinato il nascere di un’oligarchia capitalista che detiene la quasi totalità delle capacità produttive e della ricchezza mondiale e che per questo può spadroneggiare indisturbatamente in tutti i settori statali. Dominando i mercati impone unilateralmente le sue condizioni ai lavoratori e ai consumatori, sono gli stati che devono intervenire con leggi efficaci a smantellare lo strapotere delle multinazionali e sottrarre al ricatto del capitale lavoratori e cittadini perché tale sistema sta trascinando l’intero pianeta in un abisso senza possibilità di ritorno.
Il M5S è stato attaccato duramente dal sistema perché rappresenta una forza di cambiamento; la partitocrazia, alcuni settori forti dell’economia, della finanza e dei media si sono attivati immediatamente per soffocare la domanda di innovazione chiesta dagli elettori. Gli attacchi feroci nei confronti del capo del governo erano finalizzati a sostituirlo con un restauratore, sin dalla prima ora Draghi era stato scelto dal sistema come alternativa a Giuseppe Conte: questo dovrebbe far riflette molto tutti i cittadini soprattutto al momento delle elezioni.
A pensarci bene il famigerato RDC integra le scandalose retribuzioni offerte dall’imprenditoria, per ridurre il ricorso a tale istituto basta pagare adeguatamente i lavoratori e rispettare i loro diritti, stanare gli evasori e redistribuire equamente le risorse pubbliche: questo non è un ritorno al comunismo ma rendere concretamente operativi i principi costituzionali e difendere la democrazia da un sistema totalitario.