Il dito e la Luna
Nel pieno della crisi Covid-19, mentre i morti superano largamente il numero dei 10000, mentre ci interroghiamo angosciati sul perché da noi, soprattutto in Lombardia, il tasso di letalità triplichi addirittura quello della media mondiale, mentre le prime previsioni anticipano una flessione del pil del 10% sul primo trimestre del 2020 e già si ipotizza almeno un -6% annuo, mentre si riscalda lo spread e nella stima di un debito/pil al 170% ci chiediamo in futuro quanto ci costerà, perché ci costerà, finanziare tutto questo debito e a quali attacchi speculativi potremmo essere esposti, mentre molti lavoratori non percepiscono reddito, non arrivano alla fine del mese e si studiano redditi suppletivi di cittadinanza e di emergenza, mentre sono a rischio 11000 start-up nel prossimo mese, mentre siamo a un passo da una gravissima crisi di liquidità che deve essere finanziata con strumenti straordinari sui quali l’Europa litiga e vacilla sempre più alle spallate sovraniste, mentre ci annunciano che la globalizzazione è finita per come la conoscevamo, gli italiani da oggi, anzi da qualche giorno, sono appassionati ad un nuovo tema, furiosamente dividente.
Dividerci per fazioni è sport nazionale ed ora abbiamo la nuova occasione: il jogging sotto casa e il giretto dell’isolato col figlio.
Io capisco che dietro vi sia solo un balletto pre-elettorale tra governo centrale e governatori regionali, ma ci stanno abboccando tutti tutti.
Io non entro nel merito di questa tenzone, non ho voglia di perdere tempo e nemmeno di prendere in giro l’intelligenza, almeno quella che mi è rimasta.
Rimane solo lo stupore, quello di constatare quanto anche nelle immense tragedie che la Storia porta con sé, l’uomo, in particolare se italiano, rimanga sempre attirato dalle cose più insignificanti, che non hanno peso, che non modificano nulla, forse perché quella paura atavica che ci impedisce di guardare alla Luna, di farci le Domande, ci ha così affezionati a quel dito, così seducente, così fuorviante, così italiano.
Dietro al quale non vediamo quasi più nulla.