È un titolo, a dire il vero, che potrebbe essere applicato alla quasi totalità dei politici italiani e non solo. Però, visto che l'ultimo a farlo è stato proprio il candidato premier dei 5 Stelle, è giusto assegnarlo a lui.

Che cosa ha detto Di Maio su facebook? Che «il MoVimento 5 Stelle è la prima forza politica del Paese, con circa il 30% dei consensi.
Già con questa percentuale, alle prossime elezioni politiche potremo raddoppiare il numero dei deputati che oggi abbiamo alla Camera. Se dovessimo raggiungere il 35% arriveremo ad oltre 250 deputati. Se dovessimo raggiungere il 40% triplicheremo il numero dei deputati che abbiamo oggi. In ognuno di questi casi il MoVimento 5 Stelle sarà un cuneo giallo che vedete al centro dell'emiciclo, solido, stabile e compatto, e tutto intorno partitini che si faranno la guerra l'uno con l'altro.»

In pratica si è messo a fare i conti e, come con l'italiano, anche la sua confidenza con i numeri è piuttosto scarsa. Nella sua elucubrazione sulle percentuali e sulla moltiplicazione di deputati e seggi, Di Maio, dato che il Movimento 5 Stelle non si vuole alleare con nessun partito anche dopo le elezioni, sembra non aver capito che per poter ottenere una maggioranza parlamentare alla Camera e al Senato i 5 Stelle devono ottenere la maggioranza dei seggi.

Il 35% o il 40% non permettono di avere gli stessi deputati che si ottengono con il 51% dei consensi, come incredibilmente lo stesso Di Maio riconosce poco dopo nello stesso post spiegando come si vincono queste elezioni politiche: «Impedendo a Berlusconi e Renzi di mettersi insieme e fare il 51% dei seggi, un 51% che non esiste oggi e non esisterà domani, visto che Berlusconi ha un partito del 15% e Renzi un partito di poco più del 20%.»

Però, bisogna ipotizzare che Di Maio pensasse alla possibilità che, nel caso in cui i 5 Stelle ottenessero un risultato elettorale intorno al 40% dei voti facendo anche man bassa dei collegi uninominali, l'attuale legge elettorale potrebbe forse consentire al Movimento di avere una maggioranza parlamentare.



Ma Di Maio dovrebbe sapere che non ci riuscì neppure la DC, che nel 1948 ottenne la maggioranza alla Camera, ma non al Senato. Come pensa, quindi, di poter ottenere tale risultato quando i sondaggi oggi danno i 5 Stelle al 27%?

Infatti non ci crede neppure lo stesso Di Maio, che infatti ci spiega che cosa farà nel caso in cui i 5 Stelle siano il partito di maggioranza senza averne però una in Parlamento: «Chiederemo subito un incarico di governo. Se mi sarà affidato -e noi siamo la prima forza politica del Paese, e quindi vogliamo questo incarico- da Presidente del Consiglio incaricato avvierò le consultazioni con tutte le forze politiche dell'emiciclo parlamentare istituzionale, e metteremo di nuovo al centro i temi. Non ci saranno poltrone, equilibri di potere di cui discutere: nelle consultazioni metteremo di nuovo al centro la democrazia parlamentare, e cioè le priorità per il Paese: le misure di welfare alla famiglia, investimenti nell'innovazione tecnologica, l'abolizione delle leggi inutili che stanno massacrando le imprese, i provvedimenti anticorruzione, il taglio degli sprechi della politica. Li metteremo al centro e diremo: "Se c'è convergenza sui temi votateci la fiducia e facciamo partire il governo che cambierà il Paese".»

In pratica, Di Maio vuole affidare il Paese ad un Governo che possa essere supportato di volta in volta da questo o quel gruppo parlamentare in base ai provvedimenti che di volta in volta verranno presentati.

Un Governo simile potrebbe avere un senso solo per approvare due o tre leggi urgenti per poi andare di nuovo al voto. Come Di Maio può pensare che un Governo del genere possa durare per una legislatura quando, come esperienza insegna, i gruppi parlamentari si spaccano e votano persino contro la propria stessa maggioranza? E poi come alcuni gruppi non potrebbero far pagare al Governo il fatto di aver approvato in precedenza una legge considerata il male assoluto?

Ma per Di Maio, con la vittoria dei 5 Stelle «i partiti avranno due possibilità: o votare la fiducia a noi, o tornare a votare e quindi perdere la poltrona. Secondo voi che cosa faranno?»

Torneranno a votare, caro Di Maio. O lo faranno subito o lo faranno per necessità, quando sarà evidente che non sarà possibile proseguire, a meno che non abbiano i numeri per formare una maggioranza in cui i 5 Stelle non siano inclusi.

I 5 Stelle non sembrano aver capito che in una repubblica parlamentare, molto spesso se non sempre, è necessario fare degli accordi con altri partiti per formare un Governo. In Germania, ad esempio, vedono se è possibile fare un'alleanza dopo il voto, discutono per un mese il programma di Governo, lo mettono su carta, lo firmano e poi governano seguendo alla lettera ciò su cui hanno concordato.

Perché in Italia dovrebbe essere impossibile, per i 5 Stelle, trovare la stessa convergenza su un programma di Governo con alcuni degli stessi partiti a cui tale convergenza si chiederà poi di volta in volta in Parlamento sulle singole leggi da approvare?