Più che di convivenza credo si debba parlare solo di coabitazione tra leghisti e pentastellati nel governo gialloverde.

Fosse convivenza, infatti, Salvini e Di Maio dovrebbero dimostrare la volontà di riconoscere e condividere un progetto unico ed armonico, in cui entrambi si identifichino in ogni suo dettaglio.

Con il trascorrere delle settimane e dei mesi, invece, è sempre più evidente che l’unico interesse che tenga insieme Salvini e Di Maio sia solo quello di coabitare insieme a Palazzo Chigi, il più a lungo possibile, per perseguire ognuno i propri obiettivi politici ed elettorali.

È pur vero che, a parole, entrambi sbandierano come alibi il cosiddetto “programma di governo”.

Si tratta però, a mio avviso, di un programma farlocco che, per indeterminatezza e fumosità, favorisce una interpretazione di obiettivi e contenuti così contrastante da far mia una celebre frase di Pappagone per domandare ai due capipopolo: “Siete vincoli o sparpagliati?”.

La verità è che, come spesso accade in molte coabitazioni, uno dei coabitanti ha abitudini più invadenti e chiassose, e l’altro tollera per sola convenienza.

Esattamente quello che da tempo si verifica nella coabitazione gialloverde dove Salvini spadroneggia mentre Di Maio subisce facendo buon viso a cattivo gioco.

Senonché, a causa della evidente egemonia leghista, da alcune settimane affiorano insofferenze e malumori, sempre più diffusi, non solo tra i parlamentari M5S ma anche tra attivisti ed elettori.

All'origine di queste inquietudini sono le continue concessioni alle pretese leghiste, venendo meno più volte a quei valori che i pentastellati hanno sbandierati nella campagna elettorale che ha permesso al M5S di risultare il primo partito nelle urne del 4 marzo.

Ai parlamentari M5S hanno fatto storcere il naso, ad esempio, alcune norme contenute nel decreto immigrazione, su tutte l’abrogazione del permesso per motivi umanitari.

Così come sono risultate indigeste ai pentastellati le norme sulla legittima difesa, molto apprezzate dalla pancia dell’elettorato leghista, ma in contrasto con la propaganda grillina di voler togliere le armi dalle case degli italiani.

Anche la baruffa scoppiata tra Di Maio e Salvini sulla cosiddetta pace fiscale ha originati nervosismi nel M5S che si è reso conto, ancora una volta, di aver lasciate sul campo altre bandiere nel confronto con il marpione leghista … con la consapevolezza che la débâcle potrebbe acuirsi nei prossimi giorni se non riuscisse ad impedire neppure lo scudo fiscale per i capitali esteri.

Ma a creare turbamento ed irritazione tra i parlamentari del M5S è, in questi giorni, il via libera dato dal governo alla realizzazione del Tap per assecondare i desiderata della Lega.

Di Maio per non ammettere di aver incassato un nuovo knock out si è inventato fake puerili e campati in aria.

Si tratta, in effetti, di un knock out ancora più amaro perché frustra proprio gli elettori pugliesi che il 4 marzo avevano gratificato il M5S attribuendogli oltre il 45% dei voti, e che oggi hanno sfogata la loro rabbia dando alle fiamme le bandiere del M5S e le effigi dei suoi parlamentari eletti in Puglia.

È facile prevedere che a giorni Salvini otterrà anche il via libera alla realizzazione della TAV, con nuove difficoltà per i pentastellati che in campagna elettorale si erano impegnati per cancellare anche questa opera dai programmi di governo.  

Un masochismo del M5S difficile da comprendere!