Dopo l’incontro avuto a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni con la signora Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, la giornalista italiana dal 19 dicembre detenuta in Iran nel carcere di Evin, la famiglia Sala ha rivolto un appello agli organi di informazione chiedendo il silenzio stampa perché, si legge nel messaggio, “la fase a cui siamo arrivati è molto delicata e la sensazione è che il dibattito mediatico su ciò che si può o si dovrebbe fare rischi di allungare i tempi e di rendere più complicata e lontana una soluzione”.
Pur evitando doverosamente di dar vita a qualsivoglia forma di dibattito, tuttavia riteniamo opportuno, per desiderio di chiarezza, definire meglio alcuni aspetti che interessano l’altro soggetto di questa intricata vicenda, cioè la situazione del 38enne iraniano Mohammad Abedini Najafabadi.
Sul capo dell’ingegnere Abedini pende un mandato di arresto emesso dalla Corte federale di Boston con l’accusa di associazione a delinquere per aver fornito supporto materiale alla organizzazione terroristica iraniana IRCG (ndr: Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, più comunemente noto come Pasdaran).
Il “supporto” si sarebbe materializzato nella fornitura a IRCG di droni e/o sistemi elettronici di comando dei droni prodotti negli USA.
Poiché dal 2019 IRCG è inserito da Washington nella black-list dei gruppi terroristici su Abedini grava anche l’accusa di terrorismo.
La logica domanda è: ma dalla UE e dai Paesi membri le Guardie della Rivoluzione Islamica sono considerate una organizzazione terroristica?
Josep Borrell, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, sentito in proposito aveva dichiarato: “Ci sono molte opinioni ma è una decisione che non può essere presa senza la sentenza di un Tribunale. Non si può dire: “voi non ci piacete e vi consideriamo terroristi”. Occorre la decisione del Tribunale di uno Stato membro dell’UE, una condanna concreta e poi a livello europeo ci si confronterà. Ma prima deve esserci la sentenza di un Tribunale che accerti e condanni IRGC per terrorismo”.
Nessuno Stato dell’UE, quindi neppure l’Italia, ha nella black-list del terrorismo il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica.
Può questa situazione costituire un presupposto per invalidare legalmente il fermo dell’ingegnere iraniano e respingere la richiesta di estradizione formulata da Washington?
Il 16 dicembre, l’aereo decollato da Istanbul con destinazione Ginevra, dove Mohammad Abedini risiede con la famiglia, era atterrato a Malpensa per uno scalo tecnico durante il quale funzionari della DIGOS sono saliti a bordo ed hanno eseguito l’arresto di Mohammad Abedini su richiesta diretta da FBI alla Polizia italiana.
Non è dato sapere se la richiesta fosse stata preceduta formalmente secondo prassi da una informativa alle competenti istituzioni italiane (ndr: Ministero degli Esteri, Ministero della Giustizia e Ministero degli Interni). Su questo aspetto la magistratura milanese starebbe valutando la effettiva validità dell’arresto.
Fatto sta che tre giorni dopo, il 19 dicembre, a Teheran veniva arrestata e rinchiusa nel carcere di Evin la giornalista italiana Cecilia Sala con la generica accusa di “aver violate le leggi della Repubblica Islamica”.
I nodi da districare in questa ingarbugliata e complessa vicenda sono giuridici, diplomatici, politici ed ognuno degli attori in campo ritiene di avere buone ragioni per mostrare i muscoli.
Con il passare dei giorni credo, però, che Giorgia Meloni si sia resa conto, sempre più, che a togliere le castagne dal fuoco non sarà la diplomazia e neppure la magistratura.
Toccherà alla politica e questo spigherebbe la misteriosa missione lampo effettuata dalla premier Meloni a Mar-a-Lago per incontrare il neo presidente Trump.
Good luck!