Aveva poco più di vent’anni quando tornando al suo villaggio dopo la caccia lo trovò distrutto e fu anche lui catturato.

Era un pigmeo, africano, e finì in uno zoo nel Bronx, una gabbia insieme ad un orango ed uno scimpanzè. Erano i primi del novecento; solo ieri.

Migliaia di persone andarono a vedere il fenomeno, spacciato per l’anello di congiunzione tra l’uomo e la scimmia. Esimi scienziati lo studiarono e lo usarono per sostenere così la teoria evoluzionista. Lo liberarono poi e qualcuno provò ad inserirlo; ma anni dopo morì. Suicida.

Credo che il suo fantasma continui ad aggirarsi, condanna di una umanità che non è cambiata. Ancora.

Una umanità che il progresso sta miscelando a sua insaputa, ma che ancora rigurgita e si arrocca. Preda dei propri egoismi e gelosa delle proprie conquiste, cerca nella diversità un disvalore.

Il diverso per colore della pelle, religione, provenienza, cultura come altro da sé, come minaccia, in qualche modo inferiore; invece di coglierne la ricchezza. Ma che farci, i processi naturali hanno estinto i dinosauri e sono più forti delle piccole trincee di resistenza.

E basta osservare il pianeta per vedere bibliche migrazioni in corso, più di ottanta milioni di persone in cammino in tutte le direzioni. Non ci sono frontiere che tengano, linee arbitrarie che diventano reali solo perché ci convinciamo che esistano.

Evidente il bisogno di ricercare un equilibrio tra le posizioni estreme; tra la pura ideologia e le soluzioni semplicistiche per vie brevi; tra l’io e il noi. Sarò un sognatore, ma prima o poi anche Ota Benga otterrà giustizia.


da:  oltrelespine.blogspot.com