Allevamenti e cambiamenti climatici: facciamo chiarezza
Gli allevamenti zootecnici rivestono un ruolo importante in ambito economico, sociale ed anche ambientale a livello nazionale ed internazionale. Di seguito vengono analizzati in modo scientifico ed oggettivo solamente gli aspetti ambientali, in quanto oggetto di critiche ed affermazioni poco fondate che purtroppo, spesso, influenzano le scelte politiche.
SUPERFICIE AGRICOLA E ALLEVAMENTI
L’allevamento è strettamente dipendente dall’attività agricola. Vengono infatti coltivate delle specie vegetali, che costituiranno la base alimentare dei bovini allevati. I ruminanti hanno una maggior efficienza rispetto a tutte le altre specie animali nell’utilizzo delle proteine vegetali e nel digerire tessuti organici ricchi di carboidrati complessi come la cellulosa e l'emicellulosa, convertendoli in prodotti nobili, tra cui carne e latte. C’è da aggiungere che la maggior parte della superficie italiana è costituita da terra non arabile, quest'ultima impossibile quindi da coltivare. I ruminanti svolgono dunque un ruolo fondamentale, in quanto essi riescono ad alimentarsi grazie all'erba che queste povere superfici offrono. Un esempio è rappresentato dall’alpeggio, pratica da secoli diffusa e tuttora attuata in molte regioni.
Per quanto riguarda invece la superficie arabile, le colture destinate all’allevamento dei bovini hanno solitamente la caratteristica di avere un’importante produzione di biomassa. Tra queste colture è rappresentativa quella del mais, perché possiede un metabolismo C4 che gli consente di avere una maggiore efficienza di assorbimento della CO2 dall’atmosfera e di produrre quindi una quantità maggiore di biomassa vegetale, e di conseguenza di ossigeno, per unità di tempo e superficie.
EMISSIONI DI GAS SERRA
Per quanto riguarda le emissioni di gas serra prodotte dall'attività agricolo-zootecnica, sono da attribuire esclusivamente all’utilizzo di combustibili fossili impiegati nell’esercizio dell’attività. Il bovino deve essere classificato ad emissioni neutre e se gestito in modo corretto addirittura ad impatto negativo per i motivi di seguito riportati. I vegetali, grazie al processo di fotosintesi, assorbono la CO2 dall’aria attraverso gli stomi fogliari convertendola in carboidrati vegetali. I bovini utilizzano parte di questo carbonio organico per lo svolgimento dei propri processi fisiologici, quali: crescita, mantenimento e produzione. Della restante quota di carbonio, una parte è contenuta nelle feci sotto forma di carbonio organico (tessuti vegetali non digeriti), mentre l’altra viene espulsa per via aerea sotto forma di CO2 e metano.
La CO2 che viene immessa in atmosfera è stata assorbita dalle colture qualche mese prima e verrà riassorbita dalle colture successive. I reflui zootecnici, contenenti la parte di carbonio organico non digerita dall’animale, vengono distribuiti sui terreni arricchendoli quindi di sostanza organica. Quest'ultima costituisce la base per la fertilità del terreno, in particolare per quella biologica, in quanto fondamentale per lo sviluppo della pedofauna.
I ruoli della sostanza organica sono molteplici, i principali sono: ritenzione idrica, ritenzione di elementi nutritivi e miglioramento della struttura del terreno permettendo un corretto equilibrio tra la componente liquida e gassosa del suolo. Tali potenzialità sono sicuramente ineguagliabili dai fertilizzanti chimici minerali che apportano esclusivamente nutrienti, migliorando quindi solamente la componente chimica del terreno. C’è poi da aggiungere che i fertilizzanti chimici minerali hanno un impatto ambientale molto importante, in quanto per essere prodotti necessitano di una quantità di energia non trascurabile in aggiunta a quella necessaria al trasporto dalla zona di produzione al campo.
Per quanto riguarda il metano, invece, permane in atmosfera per circa dieci anni convertendosi progressivamente in CO2 e H2O. Il bilancio negativo di carbonio dell’attività agricolo-zootecnica (sempre calcolato non considerando i combustibili fossili utilizzati per trattrici e mezzi meccanici) è da attribuire al fatto che le deiezioni ed i residui colturali, se correttamente gestiti, nel suolo possono andare incontro al processo di umificazione, attraverso cui il carbonio rimane pressoché stabile nel tempo sotto forma di humus e viene quindi sottratto all’atmosfera.
La sostanza organica che non segue questa strada, invece, mineralizza, ossia si scompone in elementi nutritivi e CO2. Quest'ultima, essendo già a livello del terreno, in prossimità degli stomi fogliari, risulta essere da questi più facilmente assorbibile. Oltre a tale potenzialità agronomica le deiezioni possono rivestire un ruolo importante nella produzione di energia rinnovabile, grazie agli impianti di biogas. Questi ultimi permettono la digestione anaerobica del carbonio organico non digerito dall’animale ricavandone principalmente metano. Tale gas poi potrà essere utilizzato dalle abitazioni, dai trasporti oppure, attraverso il processo di combustione, convertito in energia elettrica e termica. In questo modo è possibile recuperare anche parte dell’energia contenuta nei carboidrati strutturali che il bovino non è stato in grado di utilizzare con la digestione.
Alla luce di quanto riportato, le emissioni di gas climalteranti degli allevamenti NON sono da attribuire agli animali allevati, ma esclusivamente ai combustibili fossili (carburanti) impiegati nell’attività, in quanto il carbonio contenuto in questi ultimi è nuovo per l’attuale atmosfera provenendo da giacimenti nel sottosuolo.
Gli aspetti riguardanti l'impatto ambientale degli allevamenti risultano complessi e spesso vengono analizzati con superficialità, demonizzando inutilmente l’intero settore. Ѐ necessitano dunque un quadro di analisi ampio ed approfondito per poter comprendere, discutere e soprattutto contestare il mondo zootecnico.