Alla luce dei recenti fatti di cronaca, una banalissima discussione tra cliente e prestatori d’opera per una cifra pattuita non completamente corrisposta ha provocato le dimissioni di Morisi - il creatore della “Bestia” che ha curato l’immagine e la linea politica di Salvini - in seguito ad un altrettanto banale controllo di polizia che ha determinato per l’influencer un’iscrizione sul registro degli indagati per cessione di droga.

Vorrei capire cosa intendono per “cura dell’immagine e della linea politica” quegli individui che costruiscono la loro fortuna professionale (e altro) usando la disinformazione, il dileggio, la diffamazione, la calunnia, la messa alla gogna e che per servire bene i loro padroni stroncano carriere e travolgono vite.

Una persona che svolge incarichi pubblici, ancor di più se di alto livello o dalla sua collaborazione scaturiscono decisioni e comportamenti che influenzano l’opinione pubblica è criticabile non per quello che è ma per quello che fa: non è il suo orientamento sessuale che deve metterlo alla gogna ma la sua smisurata ipocrisia e presunzione. In Italia ormai è in corso la disintegrazione di ogni regola, persino il buon senso e la prudenza hanno fatto le valigie lasciandoci in mezzo al caos.

Il regista delle violente campagne mediatiche contro gli immigrati, i cittadini del centro sud, i disoccupati, i percettori del RDC, i gay, l’uso degli stupefacenti e addirittura prendendo di mira persino i poveri, è colpevole senza appello di ipocrisia, dell’odio e delle divisioni che ha suscitato tra i cittadini. Siamo un Paese diviso e gli individui come Morisi lavorano per allargare queste ferite; istigano alla separazione, esaltano le disuguaglianze, sono i costruttori di guerre non di pace! Lavorare per la Lega che è un movimento separatista, anticostituzionale per lui è stato facile perché ha dimostrato di condividerne ogni aspetto e scelta: è indubbiamente intelligente e capace ma, mi dispiace per lui, delle sue notevoli doti ne ha fatto cattivo uso.

L’animus di Morisi è quello diffuso nell’ambiente partitocratico: togliersi dai piedi le persone – soprattutto se oneste - che intralciano i programmi dei gruppi di potere e le ambizioni personali di arrivisti senza scrupoli sabotandogli la vita personale, lavorativa e pubblica oppure annientare un testimone scomodo o chi non condivide le regole mafiose imposte dalle cricche.  Altre volte elaborare strategie diffamatorie per screditare le vittime allo scopo di favorire i colpevoli di mostruosità; spesso costoro riescono gradualmente e inesorabilmente ad isolare chi ha avuto il coraggio di fronteggiare sistema.

Questo influencer “era” molto temuto infatti nessuno osava attaccarlo, tantomeno apertamente: questo è l’aspetto più sconcertante e socialmente pericoloso della vicenda infatti dietro a quel gioco al massacro tutti gli addetti ai lavori (soprattutto i giornalisti di qualsiasi testata) sapevano chi si celava e dei metodi che utilizzava ma nessuno ha avuto il coraggio di criticarlo apertamente,  è pur evidente che vi era una larga condivisione dei metodi e degli obiettivi da parte di coloro che volevano la fine dei governi Conte . La Lega ha condiviso finalità e metodi pur di ottenere voti.  Salvini, snaturando la corretta dialettica politica e seguendo le strategie suggerite da questo "cattivo maestro", ha incarnato l’ambizioso obiettivo di portare un movimento secessionista com’è la Lega al livello di in un partito nazionale al fine di ottenere la maggioranza parlamentare per trasformare “democraticamente” una Repubblica in un regime totalitario. Quando l’ex premier Conte dinanzi al Parlamento ha replicato a Salvini che aveva posto fine al governo è stato durissimo ma lo ha fatto con grande dignità e proprietà di argomenti.

La colpa imperdonabile dell’opinione pubblica è che si fa servire su un piatto sporco delle informazioni false e tendenziose e se le sorbisce acriticamente; questi inquinatori delle coscienze hanno gioco facile perché le persone “comuni” non hanno senso critico in quanto non hanno sviluppato una coscienza civile ciò deriva anche dal fatto che non si fa più una sana vita sociale  come una volta quando ci si incontrava per il piacere di farlo, condividendo esperienze di vita che diventavano il filtro di saggezza per valutare la situazione generale; era quel mettere in comune esperienze, problemi, gioie e dolori, speranze e progetti che il Paese si manteneva aderente alla realtà, non si sentiva il bisogno di droghe o psicofarmaci, si sosteneva con dignità una vita fatta di fatiche e di semplici soddisfazioni: lo sviluppo industriale ha portato benessere ma anche una povertà interiore, fragilità psicologica e una profonda “solitudine” pur essendo in mezzo alla gente.  

All’inizio del novecento vi era un’arretratezza dovuta alle condizioni politiche e all’analfabetismo che colpiva la maggioranza della popolazione, soprattutto quella femminile, però vi era il senso dell’onore, dell’onestà, dell’amicizia, della solidarietà oggi si creano cerchie ristrette per opportunismo, si cura l’apparenza a danno della sostanza, ci sono individui che mentono al prossimo anche quando lo salutano e, al contempo, lo dileggiano sorridendogli. La parodia dell’aperitivo, del giro delle “cene”, dei compleanni in discoteca o in trattoria è la tragica conseguenza di un mancato armonico sviluppo personale e del mantenimento del buon senso.

Quando misi piede all’Università la prima volta mi sembrò di entrare nel “tempio della conoscenza”, varcai quei cancelli con timore reverenziale, capii quanto fosse diverso il mio approccio a quella realtà da parte di altri studenti quando osservai la “presunzione” che aleggiava nei gruppi di studio, quella era la nuova nobiltà italiana targata laurea ma un titolo di studio non cambia la persona, quella rimane ciò che è anzi molto spesso ne peggiora le intime qualità perché gli attribuisce una rispettabilità per titolo non per merito. La vera perdita della libertà personale è delegare ai Morisi di turno i contenuti del nostro pensare.