«Pochi minuti prima di prendere la parola al World Trade Center Association 2019 Summit ho appreso dal Professor Musco e dall’Avvocato Martuscelli della decisione della Cassazione.

È un sollievo ma non posso affermare di essere allegro. Penso infatti a tutte le persone, familiari, amici, compagni di sogni e progetti che hanno sofferto con me, e per me, in questi anni.

Questa sera mi sento solo di dire grazie a tutti voi e agli straordinari professionisti che mi hanno assistito. Voglio a tutti un gran bene e vi sono davvero grato per il vostro affetto oltre che onorato della vostra stima.»

Questa la dichiarazione con cui ieri Ignazio Marino ha espresso la propria soddisfazione per la sentenza della Cassazione che lo scagionava, per non aver commesso il fatto, dall'accusa di aver utilizzato impropriamente la carta di credito del Comune di Roma per pagare cene non istituzionali.

Un'accusa inesistente, perché il fatto non sussiste, ma che nell'ottobre del 2105 portò i consiglieri del gruppo del Partito Democratico a dimettersi davanti ad un notaio, sfiduciando tecnicamente Marino, allora sindaco di Roma, e chiudendo così anticipatamente quella esperienza politica.

Mandante e regista di quel gesto definito da molti vigliacco - perché la sfiducia non avvenne neppure in una sede istituzionale - fu l'allora segretario del Partito Democratico e presidente del Consiglio Matteo Renzi.


È lo stesso Matteo Renzi che in relazione alle vicende giudiziarie, specie quelle che riguardano i suoi genitori e i suoi parenti più stretti, è solito ripetere di non essere "garantista a targhe alterne", dichiarando che per lui tale principio vale per tutti, anche per i suoi avversari politici.

L'unico per cui tale principio non è valso è stato però per il sindaco Ignazio Marino, suo "compagno" di partito, ma non catalogato tra i suoi pretoriani e, pertanto, non ascrivibile tra coloro per cui il garantismo dovrebbe valere. E per questo, a differenza di quanto avvenuto in passato, Matteo Renzi si è dimenticato oggi di sventolare la vicenda Marino corredandola dello slogan: il tempo è galantuomo.

Questo, invece, il commento del "nuovo" segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti: «Sono davvero contento per l'assoluzione di Ignazio Marino. Il tempo è galantuomo e con questa sentenza definitiva della Cassazione, si chiude la sua vicenda giudiziaria riconoscendogli la giusta correttezza dell'azione di governo. Gli mando un abbraccio affettuoso».