“ Non ho niente contro il femminismo: basta che la sera, quando torno a casa, la cena sia in tavola e il letto fatto”. (cameo di John Wayne, tratto dalla sit- com “Maude”).
Parliamo dell’era glaciale, che peraltro sembra stia tornando, con gli spettacoli pressoché fermi e un manipolo di stanchi giullari di corte che vivacchia in vieti spettacoli. Mandiamo indietro il nastro e andiamo alla vecchia America, quella in cui, nel 1907, in Iowa, nacque un bambino di mascella già forte e un nome da femmina: Marion Robert Morrison, che presto verrà soprannominato “Duke”, mentre non è mai stato detto, nemmeno a titolo di leggenda, come sia stato deciso il nome d’arte con cui abbiamo conosciuto l’eroe del west, che presenta la solita biografia tra il lusco e il brusco: famiglia che si sposta in California, borsa di studio per meriti sportivi, incrocio di conoscenze e bacio del destino, fino a “Ombre Rosse”, e da lì a seguire, per John Wayne, sarà un trionfo.
Non che siano mancati film/flop e scivoloni, in una carriera sono inevitabili, ma l’immagine, l’icona, o come vogliamo chiamarla, è rimasta in piedi, robusta e rocciosa come si presentava nei film, maschera burbanzosa, solo negli ultimi anni addolcita da un pizzico di ironia.
La morte arrivò nel 1979, dopo un’odissea che secondo alcuni, e segnatamente su accusa di uno dei sette figli, era iniziata durante la lavorazione del film “Il conquistatore”, lavoro epico ( un po’ indigesto per il pubblico) su Gengis Khan, girato in Uath, vicino alla sede di esperimenti atomici - e molti degli attori che vi recitarono andarono incontro a morti simili, anche con minor fortuna o peggiori cure.
Oggi nominare Wayne è quasi come dire Marilyn Manson, o forse è addirittura preferibile buttarsi a parlare di quest’ultimo, piuttosto che del guerrafondaio, reazionario, sessista, razzista e omofobo John, a cui si è voluto togliere l’intestazione dell’aeroporto di Orange County: ma era poi tutte queste cose?
Di norma, persone nate ai primi del secolo scorso non brillavano per lumi e avevano in corso vite pesanti, fossero uomini, donne o Oscar Wilde. Wayne pronunziò frasi che incitavano alla violenza? Non ci risulta. Pensava al sovranismo USA? Sì, certamente, come tanti allora, compreso l’angelico James Stewart: era un gioco delle parti. Partecipò attivamente al maccartismo? Nemmeno questo emerge, forse perché il divo non voleva fare la fine di colleghi come Humphrey Bogart: il signor Casablanca, lasciatosi convincere a qualche timida protestina liberal, si tirò subito indietro quando le major presero lui e altri per la collottola: il gioco è nostro, le regole, le facciamo noi, puoi sempre tornare nella bettola da cui ti abbiamo preso.
John ebbe tre mogli, tutte di etnia ispanica: un curriculum scarso, per un supposto suprematista, da cui ci si sarebbe attesi consorti bellone, tutte occhi azzurri e sorrisone d'ordinanza.
E’ ora di tirar fuori dalla polvere i vecchi schemi, studiare il codice Hays, capire cosa sono la manipolazione e il sistema binario, e voilà: John Wayne apparirà modernissimo.