Il nostro comportamento  è spesso veicolato da atteggiamenti che si possono formare da esperienze dirette  oppure possono essere appresi dal gruppo di appartenenza attraverso il quotidiano confronto sociale.

In Psicologia Sociale, lo stereotipo rappresenta una credenza sulla base della quale vengono attribuite delle caratteristiche ad un gruppo di individui; esso può essere interpretato come uno schema mentale che permette di risparmiare le energie cognitive e di dedurre a priori quelli che potranno essere i comportamenti di un altro individuo appartenente alla categoria stereotipata.

Lo stereotipo non si basa su conoscenze scientifiche e sistematiche, bensì si basa su una conoscenza superficiale dei gruppi soggetti a stereotipi, essa si rivela essere rigida e non corretta poiché determina un’attribuzione generalista di determinate caratteristiche ad una categoria di persone, senza valutare il comportamento e l’atteggiamento del singolo individuo.

Gli stereotipi possono avere tanto accezione negativa, in quanto suggeriscono un’analisi superficiale ed errata di quelli che possono essere i comportamenti degli individui, quanto accezione positiva, nel momento in cui la categorizzazione si riferisce ad aspetti neutrali del gruppo di persone di riferimento (come può essere una caratteristica fisica) ma che tengono conto della possibilità di eccezioni alla regola; in quest’ultimo caso, lo stereotipo diventa una scorciatoia mentale volta a quello che potremmo definire una sorta di risparmio cognitivo.

I pregiudizi, invece, vengono definiti come un preconcetto che viene formato sull’individuo o sul gruppo di individui, si basano  sulle opinioni degli altri e non prevedono una conoscenza diretta delle caratteristiche specifiche degli oggetti del pregiudizio.

In merito ai pregiudizi, i quali possono essere considerati come degli atteggiamenti radicati nella personalità, la quasi totalità degli esseri umani (tutta?), tende ad essere più rigida, in quanto atteggiamenti, infatti, gli individui mettono spesso in atto dei comportamenti che favoriscono il verificarsi di determinate risposte nei gruppi soggetti a pregiudizio.

IMPIANTO TEORICO

William Thomas, sociologo americano, ha postulato il Teorema di Thomas nel 1928, secondo il quale le conseguenze di una determinata situazione diventano reali negli individui che presentano dei pregiudizi a riguardo. Gli atteggiamenti e i comportamenti di questi individui, infatti, sono volti a ricercare coerenza nella realtà e pertanto sono viziati dai propri pregiudizi.

Questa teoria apre la strada a quella che viene definita “profezia che si autoavvera” di cui parlò Rosenthal in merito all’effetto degli stereotipi: il cosiddetto Effetto Pigmalione o appunto la profezia che si auto avvera. Una volta attivati, gli stereotipi possono mettere in atto una catena di processi comportamentali che possono indurre negli altri i comportamenti che confermano lo stereotipo iniziale.

Ad esempio, se nutro uno stereotipo nei confronti di un’area produttiva dell’azienda per cui lavoro e credo che tutte i dipendenti siano arroganti e presuntuosi e si credono superiori (senza in realtà non conoscerli affatto), ogni volta che incontro una persona che lavora li non faccio nulla per sembrare amichevole, addirittura posso arrivare a voltarmi dall’altra parte e non tentare un approccio. L’altra persona mi percepirà come arrogante a sua volta e il mio stereotipo sarà confermato: in realtà è stato il mio comportamento a favorirlo!

Secondo il sociologo Robert Merton, la profezia che si autoavvera si verifica nel momento in cui un individuo altera il proprio comportamento affinché si verifichino degli effetti futuri che sono stati preventivamente predetti, al fine di contrastare l’ansia e il timore per gli eventi futuri non prevedibili.

Il pregiudizio è un atteggiamento che viene trasmesso socialmente e pertanto è soggetto alle caratteristiche culturali del gruppo di appartenenza.

Esso muta nel tempo ed è coerente ai cambiamenti che avvengono all’interno della società ed è soggetto alle regole interne dei gruppi: tendenzialmente si sviluppano pregiudizi in merito ai gruppi diversi dal proprio, tendenzialmente vi sarà un atteggiamento positivo per il gruppo di appartenenza e negativo nei confronti degli altri gruppi.

Gli stereotipi e i pregiudizi sono difficilmente contrastabili negli individui poiché vi è un meccanismo legato al funzionamento della memoria che favorisce il ricordo delle situazioni in cui le proprie credenze vengono confermate rispetto alle situazioni in cui i propri preconcetti vengono contraddetti.

La tendenza degli individui a voler evitare la dissonanza cognitiva determina lo svilupparsi e il radicarsi dei propri stereotipi e pregiudizi.

La memoria selettiva si accompagna alla percezione selettiva: secondo Gordon Allport, psicologo statunitense, non solo tendiamo a ricordare meglio le situazioni in cui i nostri preconcetti venivano confermati, ma a livello cognitivo si instaura un meccanismo tale che viene privilegiata la percezione di quelle situazioni in cui i nostri atteggiamenti vengono confermati.

Gli studi sui pregiudizi in psicologia, consentirono ad Allport di individuarne due grandi tipologie, la categorizzazione e la generalizzazione.

Per quanto riguarda la categorizzazione, si tratta di un processo mentale a basso dispendio cognitivo, poiché consiste nel creare delle categorie in cui inserire valori e caratteristiche che determinano un pregiudizio, il processo di generalizzazione, invece, estende questi attributi a tutti gli elementi di un gruppo.

Per ridurre l’impatto dei pregiudizi e degli stereotipi, Allport formulò la Teoria del contatto (1954).

Secondo lo psicologo, pregiudizio e stereotipi sono dovuti alla scarsa conoscenza dei gruppi a cui essi sono riferiti, pertanto per contrastarne l’insorgenza è necessario che i membri di un gruppo si confrontino non solo con l’ingroup, ma anche e soprattutto con i membri dell’outgroup.

Attraverso la conoscenza diretta degli individui appartenenti ad un gruppo esterno, infatti, è possibile che gli atteggiamenti stereotipati e pregiudizievoli vengano scardinati in favore di una conoscenza reale degli altri individui, favorendo un’interazione intergruppo favorevole.

Per rendere efficace lo scambio tra membri di diversi gruppi, Allport sostiene che il contatto debba avvenire tra membri che ricoprono il medesimo status all’interno del proprio gruppo, in modo da favorire la cooperazione tra individui.

Una teoria che può spiegare l’insorgenza di pregiudizi e stereotipi all’interno dei differenti gruppi sociali è la Teoria dell’identità sociale postulata da Henri Tajfel, il quale sosteneva che attraverso la classificazione di se stessi e degli altri all’interno di macrocategorie e gruppi di appartenenza, si stabilisce la propria e l’altrui identità sociale.

Gli individui, dunque, tenderanno a sovrastimare le caratteristiche positive del proprio gruppo di appartenenza per salvaguardare la propria autostima a discapito dell’outgroup il quale, contrapposto all’ingroup, risulta essere percepito come “peggiore” rispetto all’ingroup.

Secondo la Teoria dell’identità sociale, l’individuo agisce tramite tre processi:

- la categorizzazione, ossia la creazione di contenitori che si basano sulla discriminazione di caratteristiche generiche degli individui e generalizzandone l’attribuzione a tutti i membri di quella determinata categoria;

- l’identificazione con il proprio gruppo di appartenenza;

- il confronto sociale, che è il meccanismo che determina lo sviluppo di pregiudizi e stereotipi, poiché nel confronto tra ingroup e outgroup risulterà privilegiato il gruppo di appartenenza a prescindere dalla veridicità delle caratteristiche effettive dei componenti dei gruppi stessi.

Mi sono voluto mettere alla prova utilizzando un metodo che si chiama IAT (Implicit Association Test) per misurare il mio livello di pregiudizio inconsapevole I dati sono assolutamente anonimi ma possono dirvi molto di voi stessi. 

https://implicit.harvard.edu/implicit/italy/
All the test, All the best