Quando nell'Ottocento si arrivò a formare i Parlamenti, questo avvenne perché non bastava più la Camera del Re (e dei Nobili) per amministrare la nazione. Il Re e i Nobili erano proprietari solo di una (ampia) parte del territorio e del prodotto, come di una (minor) parte del capitale e dei nascenti brevetti.
Infatti, i primi Parlamenti erano 'censuari', in pratica avevano diritto di voto i produttori di reddito in proporzione al volume prodotto. Verso la fine dell'Ottocento sorsero i primi squilibri di questo sistema, a mano a mano che la manodopera industriale e commerciale cresceva di numero.
Un conto erano le 'masse operaie e rurali', un altro le corporazioni di artigiani, esercenti e fittavoli. Inoltre, le 'masse' accettavano il lavoro nero a differenza degli 'specializzati', come racconta Karl Marx, ed era impossibile determinarne un reddito / diritto censuario.
Così si arrivò al suffragio universale in senso moderno, includendo tra i decisori anche i 'non occupati' ed ai 'sottoccupati', purché maschi e non pregiudicati. Infine, il voto venne esteso alle donne e ai criminali.
Ma il sistema parlamentare si fonda sul consenso e la propaganda, non sulla buona amministrazione e la bona fidae.
Sistema parlamentare - politico e partitico - che da decenni deve confrontarsi con una società in cui gli elettori sono 'consumatori', sempre più spesso 'sottoccupati', 'non occupati' eccetera.
Dunque, se la propaganda politica deve adeguarsi a quella prevalente degli 'stili di vita' veicolati dalla pubblicità, il consenso sempre più verte su sussidiarietà, consociativismo, indebitamento. Un circolo vizioso nel consumare oggi quel che servirà domani, che si perpetua tra una popolazione sempre meno consapevole di quali sono i fattori di crescita su cui dovrebbe investire.
Questo è lo stallo della politica italiana che le agenzie di rating sottolineano da oltre un decennio. Ed in questo stallo il Partito Democratico ha responsabilità enormi, con i suoi 'distinguo' e con le sue 'alleanze' ... tanto attente al marketing elettorale quanto hanno affossato Prodi e Monti.
Forse anche Draghi, che rinuncia perché il PD non sceglie tra lui e Conte, tra il PNRR e la Cgil, tra le Riforme e... l'inedia.