A me comune mortale appare solo come un agghiacciante modo di suicidarsi, per i giapponesi, invece, il harakiri rappresenta un antico rituale tramandato loro dai samurai.

Fatto sta che da alcuni anni il harakiri, nella sua variante di strategia autodistruttiva, sembra furoreggiare sulla scena politica italiana.

Il primo a fare di tutto e di più per dimostrare quanto fosse bravo nel fare harakiri è stato il fanfarone di Rignano sull’Arno, quel Matteo Renzi che in meno di quattro anni è riuscito a far ruzzolare il PD dal 40,8% delle europee 2014 al 18,75% delle politiche 2018.

Non gli è da meno il guappetto di Pomigliano che, invidioso degli spumeggianti insuccessi conseguiti da Renzi, non ha voluto essergli inferiore.

Così Di Maio dall’election day 4 marzo 2018 sta profondendo tutto il suo impegno per smantellare la affermazione del M5S con un vero harakiri, una strategia autodistruttiva che in soli sei mesi sta dando i suoi frutti con la crescente perdita di consensi, come confermano tutti i sondaggi.

La strada per l’insuccesso, quella scelta da Di Maio & Co, è lastricata di incompetenza e superficialità, pressappochismo e arroganza, presunzione e confusione, puerile caccia alle streghe, roboanti annunci tanto avventati da far ridere i polli.

Una strada delimitata da due guardrail che la conducono verso una prossima prevedibile debacle elettorale: da un lato c’è la rinuncia alle tradizionali battaglie del movimento e, dall’altro, la arrendevole sottomissione alle politiche dettate dalla Lega.

A questa sagra dell’autodistruzione naturalmente non ha preso parte solo Di Maio, ma hanno dato il loro apporto, ad esempio, Danilo Toninelli, con la sconcertante gestione del crollo del viadotto Morandi e la promessa di un decreto fantasma, Giulia Grillo, con la confusa e grottesca conduzione della normativa sui vaccini, Barbara Lezzi, con la contestata retromarcia sulla TAP, e perfino l’ex Alessandro Di Battista che, anche dal Guatemala, non passa giorno che non istighi a fare mosse verso il harakiri.

Questi solo per citarne alcuni, senza ovviamente dimenticare il bellimbusto Rocco Casalino, un pentastellato catapultato a fare il portavoce del presidente del Consiglio, che con la sua inqualificabile tracotanza sta creando imbarazzanti nervosismi nel governo gialloverde.

Ora, se tra i propositi di Di Maio c’era anche quello di emulare le rozze performance del socio Salvini, beh ! … di certo è sulla buona strada.