Negli ultimi anni, le grandi città italiane hanno assistito a un boom di monopattini elettrici, motorini e biciclette in sharing, simbolo di una mobilità sostenibile e moderna. Tuttavia, ciò che doveva rappresentare una soluzione ecologica e pratica si sta trasformando in un problema per la convivenza urbana. Ogni giorno, nelle nostre città, ci troviamo di fronte a monopattini e biciclette parcheggiati in maniera selvaggia: davanti ai portoni condominiali, sulle strisce pedonali, in mezzo ai marciapiedi, sui passaggi per gli invalidi, e persino davanti agli ingressi della metropolitana. Questo disordine non solo ostacola il flusso pedonale, ma crea difficoltà e rischi per i cittadini, soprattutto per persone con disabilità, anziani e genitori con passeggini.
La crescita esponenziale di questi mezzi è stata accompagnata, purtroppo, da una mancanza di regolamentazione adeguata. Nonostante i comuni abbiano istituito delle aree di sosta dedicate, molti utenti preferiscono parcheggiare ovunque sia più comodo per loro, ignorando le regole e il rispetto degli spazi pubblici. Il risultato è una città in cui regna il caos, con marciapiedi impraticabili e spazi pubblici invasi.
Le società di sharing si difendono affermando di fornire istruzioni chiare ai loro clienti riguardo al parcheggio, ma questo sembra non bastare. Una parte della responsabilità ricade senza dubbio sugli utenti, che, complici anche la mancanza di sanzioni efficaci, adottano comportamenti irrispettosi verso la comunità.
Un aspetto fondamentale del bike e scooter sharing è che ogni utilizzo è tracciato digitalmente. Gli utenti devono registrarsi con il proprio smartphone, fornire i dati personali e pagare attraverso un’applicazione. Questo tracciamento potrebbe rappresentare una soluzione efficace per contrastare i parcheggi selvaggi.
Perché, allora, non introdurre una ‘Multa Automatica’ di 50 euro per chi parcheggia in modo scorretto? Utilizzando la posizione GPS dei mezzi e le segnalazioni dei cittadini, sarebbe possibile individuare i trasgressori e addebitare loro la sanzione direttamente sull’app. Questo sistema non solo dissuaderebbe i comportamenti incivili, ma rappresenterebbe anche un’entrata per i comuni, che potrebbero reinvestire i proventi in infrastrutture dedicate alla mobilità sostenibile.
L’introduzione di multe potrebbe essere un passo importante, ma da sola non basta. È necessario un approccio integrato che combini sanzioni, sensibilizzazione ed espansione delle infrastrutture dedicate. Le amministrazioni dovrebbero:
Rafforzare i controlli: aumentare la presenza di vigili urbani e personale incaricato di monitorare il corretto utilizzo dei mezzi di sharing.
Educare gli utenti: avviare campagne informative per promuovere un utilizzo responsabile e rispettoso degli spazi pubblici.
Espandere le aree di sosta dedicate: aumentare le zone riservate al parcheggio di monopattini e biciclette, rendendole più visibili e accessibili.
Implementare un sistema di sanzioni tecnologiche: sfruttare la tracciabilità dei mezzi per identificare e multare i trasgressori.
La mobilità sostenibile è una risorsa preziosa per le città moderne, ma deve essere gestita con regole chiare e con un senso di responsabilità collettiva. Multare chi parcheggia in modo incivile non è una misura punitiva fine a sé stessa, ma un modo per proteggere il diritto di tutti i cittadini a vivere in uno spazio pubblico ordinato e accessibile. Solo così i monopattini e le biciclette potranno essere davvero un simbolo di progresso, e non di disordine.