Tra i molti difetti che avremmo noi italiani ci sarebbe anche quello di essere sempre pronti a saltare sul carro del vincitore, o per dirla con gli anglosassoni quando parlano e scrivono di noi: “climb on the bandwagon”.

Ennio Flaiano, nel simpatico tentativo di trasformare in virtù il difetto, ha asserito che è “una qualità degli italiani quella di volare in soccorso dei vincitori”.

Più inclemente, invece, la decifrazione di Roberto Gervaso, convinto che “l’italiano sta col vincitore solo perché vincitore, indipendentemente dalla bontà della causa per la quale questi si è battuto”.

Sfogliando le mille e mille pagine della storia italica, anche recente, mi sembra che la interpretazione di Gervaso sia più vicina alla realtà.

Ora, incredibile a dirsi anche questa leggenda popolare ha la sua eccezione!

Esistono, cioè, persone che per loro scelta stanno invece dalla parte di un conclamato perdente e lo seguono con totale abnegazione.

Assolutamente stupefacente che la scelta di essere fedeli ad un perdente si riscontri proprio in un ambito, quello della politica italiana, dove voltagabbana ed opportunisti sono le specie umane più diffuse.

Il caso è quello della schiera di cosiddetti renziani.

Deputati, senatori, amministratori locali, elettori palesano assoluta dedizione e deferenza ad una guida politica che si è imposta loro con bizzarrie a prescindere.

Assidui frequentatori delle liturgie celebrate alla Leopolda, sono rimasti così dopati da quel 40,8% di consensi, raccolto a sorpresa nel 2014 alle elezioni europee, da non risvegliarsi neppure sotto la rapida successione di schiaffi in faccia che hanno dovuto incassare da quel momento in poi.

Così, in silenzio e senza bofonchiare hanno mandate giù una dopo l’altra le sconfitte nelle comunali di Roma, Torino, La Spezia, Genova, Livorno, etc.

Cocciutamente sono rimasti sul carro del perdente anche dopo la batosta subita al referendum costituzionale del 2016.

Ostinati hanno continuato a rimanere sul carro del perdente anche dopo il tracollo senza speranza del 4 marzo.

Ed anche se le previsioni minacciano per loro nuovi uragani e nubifragi nelle prossime tornate elettorali, non abbandonano il carro del perdente e continuano ad attendere fiduciosi l’avvento di quella risurrezione che è stata promessa loro dal Santone di Rignano.

Per questi praticanti il renzismo è una fede, idolatrano un Santone nel quale credono con supina acquiescenza, al quale obbediscono ciecamente e dal quale, almeno per il momento, non è stato chiesto loro di armarsi e combattere.

Oops … ma “credere, obbedire e combattere” non era stato già il precetto ed il motto di qualcun altro ?